Alceo: la poesia e la lotta politica

Alceo, insieme a Saffo, è uno degli esponenti più importanti della lirica monodica greca, cioè la lirica cantata da un unico interprete (da monos: uno) con l’accompagnamento strumentale di un tipo di lira detta “barbiton”. La dimensione musicale nella lirica monodica, infatti, è molto accentuata.

La lirica greca è un tipo di poesia che si sviluppa nel VII – VI secolo a.C., un momento fondamentale per la civiltà greca nel corso del quale si verifica un cambiamento sociale e politico. Da una struttura formata da piccole comunità si è passati gradualmente alla polis. Politicamente assistiamo a una perdita di centralità da parte dell’aristocrazia e all’acquisizione di una sempre maggiore consapevolezza del cittadino in quanto tale.  Socialmente l’uomo si pone al centro del mondo, si esalta l’unicità dell’individuo e la sua esperienza. La lirica greca trasmette e riflette tutti questi nuovi pensieri.

I poeti lirici, a differenza dei rapsodi omerici, esprimono il proprio punto di vista in cui riconoscono la dimensione soggettiva di ogni esperienza. Il poeta è il centro della sua poesia, ma ciò non significa necessariamente che proponga una dimensione autobiografica. Nuova è anche la dimensione temporale: l’artista riconosce che il tempo è inarrestabile. Diventa consapevole che la vita è precaria e instabile e riconosce il valore supremo dell’istante.

Anche in senso formale, questa poesia presenta delle novità rispetto ai poemi omerici. Le liriche sono composizioni brevi, anche se ricche di significati ed emozioni. Una delle cause di questo cambiamento formale è l’unicità delle sue performances. Il poeta lirico crea la sua poesia per una sola occasione e il suo pubblico è determinato a priori proprio da questo fatto.

La lirica è cantata in ambienti circoscritti e specifici che condividono le stesse convinzioni etico-sociali, politiche e letterarie dell’autore. Se Saffo esprime i valori del mondo femminile, nello specifico quelli del tiaso, Alceo si fa interprete un mondo strettamente maschile, quello del simposio eterico. Il suo pubblico è infatti l’eteria, letteralmente un’associazione di compagni, una lega di individui uniti per lo più da legami politici. La particolarità di Alceo, infatti, è che in lui poesia e politica sono strettamente intrecciate. 



Ph. Paula-Jorunn Naes, Lesbo (Grecia)
[fonte: Unsplash]

Ma chi era Alceo? Sappiamo che nacque intorno al 630 a.C in seno a una famiglia aristocratica di Mitilene, capitale dell’isola di Lesbo, che si trova nella parte nord-occidentale del Mar Egeo. La sua famiglia è stata coinvolta in sconvolgimenti politici che hanno portato all’introduzione di un regime assoluto. Mitilene era il centro più importante e politicamente più inquieto di Lesbo: conosciamo attraverso vari testimoni gli scontri tra coalizioni di famiglie nella lotta per l’egemonia e l’emergere di controverse figure “tiranniche”. Il “tiranno” è la figura negativa che si respira nella poesia di Alceo. La prima apparizione della parola “tiranno” nel mondo greco si trova in un frammento di Archiloco in cui il poeta si riferiva al grande regno asiatico di Gige. Eccolo qui il testo (fr. 19 West):

Οὔ μοι τὰ Γύγεω τοῦ πολυχρύσου μέλει
οὐδ ̓ εἶλέ πώ με ζῆλος οὐδ ̓ ἀγαίομαι
θεῶν ἔργα, μεγάλης δ ̓ οὐκ ἐρέω τυραννίδος· 
ἀπόπροθεν γάρ ἐστιν ὀφθαλμῶν ἐμῶν. 

Non m’interessa una vita come quella del ricchissimo Gige
e mai ne ho provato invidia: non aspiro
ad azioni divine, né desidero un grande potere:
queste cose sono lontane dai miei occhi. 

Qui il termine ancora non possedeva la connotazione negativa che lo contraddistingue oggi, ma era usato in senso più ampio. Alceo usa il termine “tiranno” in varie occasioni e, secondo Aristotele (“Politica”) in senso improprio e controverso. I suoi principali avversari politici furono Melancro, Mirsilo e Pittaco. Secondo le fonti, il governo di Melancro fu rovesciato anche grazie ad Alceo e Pittaco, inizialmente sodali. Fu poi il turno di Mirsilo e pare che, a causa sua, Alceo fu costretto al suo primo esilio. Mirsilo è dunque bersaglio di invettive da parte del nostro poeta e sono memorabili i versi in cui esulta per la sua morte (fr. 332 Lobel-Page):

Νῦν χρῆ μεθύσθην καί τινα πρὸς βίαν
πώνην, ἐπεὶ δὴ κάτθανε Μύρσιλος.

Ora bisogna ubriacarsi e che ognuno
beva a forza, poiché Mirsilo è morto.

Questi versi saranno usati in seguito dal poeta latino Orazio, dopo la morte di Cleopatra, nella famosa rivisitazione nunc est bibendum. Il tono festante di Alceo suggerisce che la morte di Mirsilo abbia permesso il ritorno del poeta a Mitilene.



Vaso attico a figure rosse raffigurante i due poeti di Mitilene, Alceo e Saffo (480 a.C.)

La fase successiva è caratterizzata da violenti conflitti civili che hanno portato Pittaco al governo decennale della città. Aristotele afferma che il suo compito era quello di combattere gli esuli “guidati da Alceo e dai suoi fratelli” e cita i versi in cui Alceo parla molto male della sua città. Quindi è chiaro che, con il governo Pittaco, Alceo sia stato obbligato di nuovo all’esilio. Così ne parla Alceo: “Quell’uomo di ignobili natali, Pittaco, lo hanno fatto tiranno di una città priva di rancore ed infelice, e tutti a lodarlo grandemente” (fr. 348 Lobel-Page). 

Nelle due poesie dell’esilio pubblicate nel 1941 (fr. 129-130 Lobel-Page), Alceo fornisce una serie di elementi che illuminano la natura della lotta politica a Mitilene. Ci dà informazioni sul funzionamento dell’eteria (fr. 129) a cui appartenevano sia la famiglia di Pittaco sia quella di Alceo.

L’eteria, come accennavamo, è il pubblico della poesia di Alceo. È un gruppo di uomini aristocratici che condividono gli stessi ideali e le stesse inclinazioni politiche. Si riuniscono per parlare, bere e festeggiare insieme. È una lega di natura politica e in questo periodo (cioè l’VIII-VI secolo) la lotta politica si configura come una lotta tra eterie aristocratiche. Alceo, nei frammenti che ci sono pervenuti, utilizza anche una preziosa e specifica terminologia per farci comprendere meglio le strutture politiche di Mitilene. Nel trattato “Sulla mimesi”, Dionigi di Alicarnasso, parlando dei poeti epici e lirici, notò l’ethos di Alceo nella poesia politica e aggiunse che, se la forma metrica fosse stata rimossa, la sua produzione sarebbe stata un’”oratoria politica”. 

In Alceo vediamo una partecipazione immediata e impetuosa circa il tema di cui scrive. Retoricamente, poi, ha creato delle metafore politiche che hanno avuto una fortuna immensa come l’immagine di una nave in tempesta per descrivere lo Stato afflitto da sanguinose lotte interne. Citiamo solo Dante (“Purgatorio”, VI) per mostrarvi come questa metafora abbia viaggiato nei secoli e nelle culture:

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!

Un altro elemento interessante che ritroviamo nella poesia di Alceo è il vino, rimedio per i pensieri oscuri della mente, dono divino che attraverso l’oblio dona sollievo all’uomo (fr. 346 Voigt):

Beviamo: perché aspettiamo le lucerne? Un dito è il giorno;
ragazzo mio, tira giù grandi coppe decorate:
il vino, infatti, il figlio di Semele e Zeus, oblio dei mali,
donò agli uomini. Mesci mescolando una misura d’acqua e due di vino, colme fino all’orlo, e l’una l’altra coppa scacci.

Giulia Novelli

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