Piccola premessa: non ho una laurea in fisica né in astrofisica, ma sono una grande appassionata dello spazio, delle costellazioni celesti e degli strati dell’atmosfera.
Ricordo ancora la prima volta che misi piede all’Osservatorio di Los Angeles e prima ancora quando salii le scale a chiocciola dell’Osservatorio Astronomico di Brera e solo pochi anni fa al Museo della Specola di Bologna.
Ph. Giulia Novelli, Vista dalla torre della Specola di Bologna
L’esperienza cui sono affezionata maggiormente fu però la visita al planetario dei giardini di Porta Venezia a Milano, quando mi persi a osservare sdraiata sulle panche di legno la volta di stelle che si dispiegava sopra di me. Ero in gita scolastica con la mia classe del liceo e all’inizio ci rimasi molto male perché pensavo che avremmo visto le stelle realmente, col cannocchiale. Invece sono finte, pensavo un po’ delusa… sono ricostruite. Alla fine fu bellissimo. Tanto che io ed alcuni amici ci dimenticammo di uscire e ci chiusero nei giardini. Chi mi conosce sa che ho uno strano rapporto con i parchi della mia città, rifugi silenziosi per fuggire al caos metropolitano, posso quasi dire che è il mio segreto, ora non più tanto privato. Quella volta fortunatamente non ero sola e riuscimmo a scavalcare i cancelli del parco costruendo un piano rialzato con i cestini dell’immondizia. Ma questa è un’altra storia, sto divagando. Ecco, anche lì dove non la percepiamo, la materia si trasforma in continuazione.
Uno dei più affascinanti fenomeni atmosferici, concorderete con me, è l’arcobaleno, quel raro e allegro prisma di colori che si fa arco nel cielo. E’ un’unione speciale di tutti gli elementi: acqua, aria, terra e fuoco. Ebbene, la rifrazione e riflessione della luce del sole, attraverso goccioline d’acqua disseminate nell’atmosfera, provocano degli archi colorati circolari che corrispondono allo spettro solare e vanno dal rosso al violetto. La sorgente di luce può essere quella del sole, ma ovviamente, se parliamo di luce riflessa, si può intendere anche quella della luna.
Nell’antichità gli arcobaleni lunari erano già stati individuati dal filosofo greco Aristotele, che nel suo trattato Meteorologica (libro III, parte II) scrisse:
«L’arcobaleno è visto di giorno e prima si pensava che non potesse mai apparire di notte come arcobaleno lunare. Questa opinione era diffusa a causa della rarità del fenomeno: non era osservato, sebbene si verifichi molto raramente. La ragione è che i colori non sono facili da vedere nell’oscurità e molte altre condizioni devono occorrere, e tutte in un singolo giorno del mese. Affinché ce ne sia uno deve esserci luna piena, e la luna deve o sorgere o calare. Per questo abbiamo visto solo in due circostanze un arcobaleno lunare in più di cinquanta anni.»
Evento alquanto raro dunque. Perché si riesca a individuare il “moonbow” è necessario utilizzare strumenti ottici all’avanguardia oppure armarsi di pazienza e avvicinarsi alle cascate, quando alta nel cielo sorge la luna in tutta la sua pienezza. I colori saranno più tenui di quelli che conosciamo abitualmente e tenderanno al bianco, confondendoci facilmente.
Esistono, infatti, altri due fenomeni simili, quali il “moon ring” e il “moon dog”, rifrazioni circolari attorno al satellite naturale che creano una sorta di aureola dorata intorno al satellite, ma che non sono arcobaleni anche perchè non presentano la caratteristica forma ad arco.
Ph. Arne-kaiser, “Moonbow” sulla città di Kihei, Hawaii (2016)
[fonte: Wikipedia.org]
I luoghi migliori per visionare l’arcobaleno lunare, che nella cultura popolare rappresenta quasi un portale tra la terra e il divino, pare che siano le Hawaii.
E chissà quanti altri strani misteri restano da scoprire, sotto o sopra la superficie terrestre!
Alessandra Busacca