“Anime salve”: un viaggio linguistico e musicale tra solitudine, emarginazione e libertà

“Anime salve”, uscito nel 1996, è l’ultimo disco di Fabrizio De André.
Quest’album, composto insieme con Ivano Fossati, si configura come un viaggio narrativo e musicale in un’atmosfera tutta umana, ma che sembra oltrepassare i limiti dell’antropocentrismo.
La gestazione dell’album – racconta Fossati in un’intervista – è avvenuta proprio durante un viaggio verso sud. I due partirono in macchina da Roma verso il Mezzogiorno con l’intento di farsi raccontare storie dalla gente.

Ma chi sono le anime salve? Ce lo dice De André stesso, risalendo all’etimologia latina dei due termini: le anime salve sono gli spiriti solitari. Il nucleo centrale della materia narrativa è dunque la solitudine. Non la solitudine degli anacoreti, ma la solitudine dello stare intimamente soli con sé stessi. Ce lo spiega bene il cantautore genovese all’inizio di un concerto:

“Quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addirittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri.”

Nell’album, tuttavia, alcune di queste solitudini sono un frutto amaro dell’emarginazione, come nelle prime due canzoni “Prinçesa” e “Khorakhané”, ma proprio questo tipo di solitudine cela al suo interno il seme della libertà. De André afferma infatti in un concerto:

“Io penso che proprio queste persone, o questi gruppi di persone, difendendo il loro diritto ad assomigliare a se stessi, difendono soprattutto la loro libertà, quindi penso che Anime salve sia soprattutto un disco soprattutto sulla libertà.”

“Prinçesa” canta la storia di una delle tante persone nate in un corpo sbagliato: “E io davanti allo specchio grande mi paro gli occhi con le dita a immaginarmi tra le gambe una minuscola fica” dice Fernandinho che un giorno sarà finalmente Fernanda.

La nostra prinçesa, principessa in portoghese, è una transessuale brasiliana volata in Italia alla ricerca di maggiore fortuna, che adesso “regala il cuore” a un avvocato di Milano.

È interessante la dimensione linguistica di “Anime salve”, poiché molto variegata e capace di adattarsi ai contesti evocati donando loro grande concretezza e vivida espressività. In “Prinçesa“ troviamo parti del testo in portoghese che arricchiscono la narrazione di mondi.

Immagine che contiene persona, donna, fotografia, esterni

Descrizione generata automaticamente

Copertina dell’album “Anime salve”

Anche le armonie e le melodie che, lo ricordiamo, sono il cardine della canzone e proprio ciò che la distingue dalla poesia, si accordano alla situazione narrata, provocando tuttavia degli effetti a volte stranianti, come in “Prinçesa”. Nella prima parte della canzone, infatti, come sottolinea Paolo Somigli in “La canzone in Italia. Strumenti per l’indagine e prospettive di ricerca” (Aracne Editrice, 2010), dove ci aspetteremmo un ritmo brasiliano, troviamo inaspettatamente un’atmosfera di tango, accentuata dal suono del bajan, un tipo di fisarmonica di origine russa che ricorda il suono del bandoneòn, strumento di accompagnamento tipico del genere musicale argentino.

Nella seconda tappa del viaggio esploriamo con “Khorakhané” un popolo la cui identità risiede proprio nel viaggio: il popolo rom, originario dell’India del nord. Un popolo che gli psicologi direbbero affetto da dromomania, ci racconta De André. Un popolo che, sempre secondo il cantautore, meriterebbe un Nobel per la pace, poiché pacifico è sempre stato il loro spostarsi di stato in stato, di nazione in nazione. Eppure, i rom sono profondamente emarginati

Anche per quanto riguarda questo brano, il testo non è tutto in italiano, ma presenta una parte in lingua romanes, forse un unicum nel panorama musicale dalla canzone d’autore.

“Dolcenera”, col suo incipit corale in dialetto genovese, ci trasporta poi in un’atmosfera intimamente ligure con una struttura che richiama i ritmi africani, ma che poi fa un cambio di rotta verso il continente latino-americano. Questa è forse la canzone più complessa e presenta un doppio livello di lettura. Tuttavia, sia che la vogliamo leggere come il racconto di un amore irrealizzato sia come metafora del potere, si tratta di una storia di isolamento e autoemarginazione. De André, a proposito del rapporto tra questo tipo di isolamento, e quindi di solitudine, e la libertà afferma:

“La solitudine o meglio l’autoemarginazione del protagonista di Dolcenera è in apparenza la più difficile da sostenere come sinonimo di libertà, eppure è opinione non solo di chi scrive che l’apice della libertà stessa sia raggiungibile proprio attraverso la follia e ciò al di là di ogni valutazione di natura etica.” (R. Cotroneo, Una smisurata preghiera, in F. DE ANDRE’, Come un’anomalia. Tutte le canzoni, Einaudi 1999, p. 75)

Il contesto genovese è presente anche in “Le acciughe fanno il pallone”, che narra il sogno di un marinaio del capoluogo ligure, cioè pescare il pesce d’oro e poi sposarsi. Il titolo, per uno non aduso al mondo marino, è straniante. Le acciughe, infatti, per scampare alle grinfie dell’alalunga si uniscono dando vita a un insieme a forma di palla.

Spicca, linguisticamente, la settima canzone dell’album, “Â cúmba, perché è integralmente in dialetto genovese. “Â cúmba”, cioè la colomba, è una metafora animale usata dal nostro cantautore per rappresentare l’allontanamento di una sposa dalla casa paterna per spostarsi in quella del nuovo sposo. La narrazione ha la forma di un dialogo tra il padre della giovane e il pretendente, chiuso poi dal coro che rivela la misera fine della donna. L’ultima canzone dell’album a rifarsi a una geografia determinata è “Disamistade” che ci conduce in fosche realtà delle nostre isole, Sicilia e Sardegna.



Fabrizio De André

L’ultima canzone dell’album, “Smisurata preghiera”, è infine una sorta di compendio, un concentrato di tutte le suggestioni e i temi trattati nelle precedenti otto canzoni. È una preghiera fuor di misura, smisurata, a qualcuno o qualcosa oltre l’umano, è un rivolgersi a un grande Altro, affinché guardi e non dimentichi tutte le sofferenze, i soprusi e le umiliazioni umane.

Pregare è un modo di riconoscere la propria finitezza, il proprio vuoto, la propria mancanza e insufficienza. È un atto di umiltà. “Smisurata preghiera” è una preghiera per gli emarginati, per le minoranze, con le parole di De André:

[…] “per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità. […]

Si conclude dunque con un’invocazione questo viaggio linguistico, narrativo e musicale attraverso vari continenti, dall’Europa, all’Africa, all’America. Come forse è emerso da questo piccolo resoconto, si tratta di un viaggio ricco di suggestioni, fatto attraverso una geografia umana in cui gli unici confini sono quelli della solitudine.“Anime salve” ha avuto e ha tuttora un grande successo pur parlando di minoranze. Probabilmente la ragione di questa fortuna, spiegata da De André stesso in un’intervista, è che una grande parte di popolazione si sente oramai minoranza. In che senso? La maggioranza (in senso numerico) si sente esclusa e lontana dalla maggioranza dei maiores, che nel mondo latino erano coloro che possedevano privilegi. Ci sentiamo dunque attratti e affascinati da “Anime salve” proprio perché ci sentiamo persone comuni, distanti dai pochi che hanno molto o quasi tutto.

Giulia Novelli

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