Ballata dell’odio e dell’amore (2010) è un film del regista basco Álex de la Iglesia, ambientato in Spagna tra il 1937, in piena guerra civile, e il 1973, quasi al termine della dittatura franchista. I protagonisti sono una coppia di pagliacci, di clown, tradizionalmente e funzionalmente uno triste, cioè Javier interpretato da Carlos Areces, e uno allegro, Antonio de la Torre, nei panni di Sergio.
Locandina del film
Il titolo originale, Balada triste de trompeta, infatti, è il titolo di una canzone di Raphael, un famosissimo cantante e attore spagnolo, che, proprio nei panni di un pagliaccio, aveva a sua volta tradotto e interpretato una canzone del trombettista Nino Rosso. La canzone di Raphael, interpretata con estremo pathos e intensità, fa da colonna sonora al film di De La Iglesia.
Ma torniamo alla trama. Il padre di Javier era un pagliaccio che fu condannato durante la guerra civile alla costruzione della Valle de los Caídos, un complesso monumentale situato nella Comunità di Madrid voluto dal dittatore Francisco Franco. Javier provò a salvare il padre attraverso un attentato dinamitardo al monumento, ma fu proprio quest’azione a provocare la morte del babbo.
Passano gli anni e Javier decide di seguire le orme paterne e incontra il suo pagliaccio allegro con cui condivide il motivo che l’aveva spinto a intraprendere questo mestiere: evitare di diventare un assassino. Questo scambio di battute è piuttosto emblematico: “E perché tu fai il pagliaccio?”. “Perché se non lo facessi… sarei un assassino”.
Ma questa non è l’unica cosa che accomuna i due: c’è infatti la bella Natalia, la trapezista del circo, compagna di Sergio, che attrae fatalmente entrambi. La lotta tra i due pagliacci per la conquista o riconquista della bella Natalia si configura come una peripezia tragica che segna il loro destino in un vortice di violenza, orrore e spietatezza.
L’estetica del film, com’è nelle corde di De La Iglesia, è barocca, ipertrofica, sovrabbondante di elementi e d’azione, organizzati in una efferata struttura a climax ascendente che a volte toglie il fiato.
Álex de la Iglesia porta in scena una violenza che non si placa di fronte a niente e a nessuno e sembra quasi suggerire che l’unico modo per combattere il male sia un altro male.
Tuttavia, forse, questo eccesso di crudezza delle scene può condurre lo spettatore a una sorta di catarsi.
C’è da dire comunque che la critica ha accolto positivamente il film che infatti ha vinto il Leone d’Argento per la migliore regia.
In conclusione, un consiglio: se i clown vi fanno paura, Ballata dell’odio e dell’amore non è il film per voi.
Giulia Novelli
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