L’impressionismo rivoluzionò la pittura di fine Ottocento, distanziandosi dalle convenzioni e dal gusto dell’epoca, tanto che non ne fu subito riconosciuto il valore e non fu un movimento immediatamente apprezzato per le sue qualità e innovazioni. E’ da considerarsi uno dei primi gruppi d’avanguardia in pittura e precursore della modernità novecentesca. Questo perché proponeva temi e tecniche molto distanti da quelle insegnate in accademia. Il pubblico non era ancora pronto per una pittura libera, “en plein air”, all’aria aperta, nella natura, lontana dai toni altisonanti, dai motivi religiosi e dai ritratti ufficiali, figuriamoci poi se a dipingere era una donna come Berthe Marie Pauline Morisot.
“Impression, soleil levant”, Claude Monet (1872),
olio su tela 48 x 63
La storica dell’arte Laura Iamurri nell’Introduzione all’opuscolo “Berthe Morisot” di Stéphane Mallarmé e Paul Valéry riporta un fatto sconcertante per noi, ma evidentemente non per la società del XIX secolo: “alla scomparsa di Berthe Morisot, avvenuta nel 1895, quando l’artista aveva soli 54 anni, il funzionario incaricato di redigere il certificato di morte scrisse, evidentemente su indicazione della famiglia, “senza professione”: è uno degli episodi di negazione più celebri e più crudeli della storia dell’arte europea, offensivo dell’attività e della persona di una artista straordinaria”.
Nata da una famiglia agiata nel 1841 con cui si trasferì fuori Parigi,t Berthe Morisot inizia a dipingere, dimostrando un talento artistico fuori dal comune, e si interessa privatamente allo studio di tele raffinate e drammatiche come quelle di Raffaello o Rubens.
Questo perché l’”École des beaux-arts” non consentiva ancora l’iscrizione alle donne.
Parigi, per fortuna, era di per sé una scuola a cielo aperto con i suoi musei, il Louvre tra tutti, e i suoi caffè e salotti frequentati da artisti, letterati e uomini di cultura.
Fu proprio in occasione di uno dei suoi giri per gallerie che Berthe fece la fortuita conoscenza di Édouard Manet con cui iniziò un sodalizio particolare. Il pittore la ritrasse in diverse delle sue tele e presto la Morisot gli divenne familiare a tutti gli effetti quando convolò a nozze con suo fratello Eugène.
Insieme a Renoir, Degas, Cézanne e Pissarro, l’”amichevole medusa”, così come la definisce il poeta Mallarmé, ha dovuto subire i commenti sprezzanti e i pregiudizi di intellettuali e ricchi critici d’arte, che non capivano la “nuova pittura”. Nonostante questo, il movimento si ritrovava a discutere della loro arte ogni giovedì al mitico “Café Guerbois” in Avenue de Clichy a Parigi (oggi segnalato soltanto da una targa commemorativa).
Erano gli anni in cui si facevano i primi tentativi di fotografia grazie a Nadar, e per questa ragione è ancora più significativa la ricerca impressionistica quasi maniacale della luce per rendere appieno la realtà.
Ogni ora di luce poteva essere importante per il loro quadro e a ogni ora il quadro cambiava.
Questa è l’essenza anche delle fotografie, che, infatti, per loro natura non possono mai essere le stesse e che sono soggette ai capricci della luce solare e ai cambiamenti atmosferici.
I colori degli impressionisti erano brillanti e luminosi, ricercati alla luce bianca del sole che si rifletteva nella tela stessa, cosa che non poteva accadere tra le mura chiuse di uno studio d’artista. Berthe, come i suoi colleghi, dipingeva in giardino e le sfumature delle stagioni riuscivano a materializzarsi sulle sue tele con tratti apparentemente imprecisi, quelle pennellate indefinite tipiche del tocco impressionista, che restituiscono un’immagine se guardati da lontano e che poi si confondono nell’occhio in macchie sublimi di pigmenti vivaci rosa, verde, lilla e blu.
Casa e Giardino di Claude Monet a Giverny, Francia
Come Monet a Giverny, così anche Berthe si fece presto costruire un personale giardino a Passy, un suo atelier privato con piante rare ed esotiche. Monet avrebbe dichiarato che se non fosse divenuto pittore, avrebbe fatto lo studioso di botanica e il giardiniere. “Le nymphéas sont une prolongation de ma propre vie. Elles ne peuvent vivre sans eau comme je ne peux vivre sans art”.
“Le Berceau”, Berthe Morisot (1872),
olio su tela 56 x 46
Le scene evanescenti che Berthe predilige sono degli squarci di vita quotidiana: una donna appoggiata alla culla del suo neonato, in questo caso la sorella Edma con la figlia Blanche, una ragazzina arrampicata sull’albero in solitudine, un’altra che si spazzola i capelli davanti allo specchio. La finezza della Morisot, sulle luci e le ombre della vita parigina che già molti artisti erano riusciti a immortalare, denota una sensibilità e una genialità fuori dal comune, attenta ai dettagli e all’introspezione. Berthe non era semplicemente la modella dei ritratti di Manet, ma una compagna, sua seguace e affettuosa rivale, come spesso accade nell’arte.
Il soggetto può diventare oggetto e così via sviluppando unioni indissolubili e indispensabili, lì dove un artista non può esistere, se non esiste l’altro.
Alessandra Busacca