Arles

Diario di inizio estate: torneremo a viaggiare

Quando si intraprende un viaggio in stile Kerouac, bisogna tenere presente che si passeranno ore e ore in movimento. Gli stimoli saranno continui e agiteranno ogni sinapsi del cervello, inibiranno il sonno e risveglieranno le membra dalla routine della città-monade in cui si è sempre vissuto. I cinque sensi saranno attivi in modo esponenziale.
Carne di toro alla griglia. Vino rosso e lavanda. Colori alla Van Gogh e giallo zafferano dei campi. Ispirato non solo dalle distese variopinte che circondavano Amsterdam, il pittore olandese rimase affascinato anche da Arles, che si rivelò per lui un prisma di luce. 

Bei tempi quelli ante virus. Tutti noi vogliamo tornare a esplorare il mondo, quindi ecco qua, come rituale propiziatorio, un brevissimo resoconto di viaggio.

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Ph. Alessandra Busacca, Abbazia di Montmajour

La meta consigliata per un’avventura su quattro ruote è proprio Arles, punto d’intersezione tra Provenza e Camargue, città dal passato glorioso e intrisa di storia. Perfetto sarebbe campeggiare vicino a qualche abbazia dimenticata, per respirarne appieno l’atmosfera unica. 

La bellezza di Arles non passò inosservata agli occhi di Dante, che cita la città nella “Divina Commedia” (Inferno IX, 112). Recentemente, invece, una valorizzazione di questo territorio è stata proposta da uno degli stilisti più amati di oggi, nonché direttore creativo di Gucci, cioè Alessandro Michele, che presentò proprio nei campi elisi francesi, gli Alyscampes di Arles, la sua collezione Cruise 2019. Clicca qui per approfondire il tema.

Ogni anno dal 1969 Arles ospita un festival internazionale di fotografia con esposizioni sparse per tutta la città, tra musei segreti, chiostri e chiese diroccate. Purtroppo però quest’anno, per cause di forza maggiore, il festival è stato sospeso, ma tra le edizioni passate merita una menzione particolare il progetto fotografico del 2017 “Les Indiens Kogi. La Mémoire des Possibles” di Eric Julien. Il fotografo, nonché geografo, ripercorre con un finissimo reportage la vita degli Indiani Kogi in Colombia, i loro ritmi e il loro interessantissimo stile di vita. I Kogi usano una parola che è Zigoneshi e significa “Tu mi aiuti e io aiuto te perché abbiamo bisogno l’uno dell’altro”. Questa filosofia, votata alla reciprocità, diventa in questo momento storico ancora più vera. Scoprendosi fragile, l’essere umano ha iniziato a capire che ha profondamente bisogno degli altri.

Per i Kogi la vita è un ciclo simile a quello dell’acqua, che nasce e si trasforma senza mai esaurirsi. Associano la potenza della natura, che sempre si rigenera, alla madre terra e a ogni madre, perché per loro infatti in origine “la mer était la Mère” (“il mare era la madre”). Una forza della natura superiore a qualsiasi altra, l’acqua è soggetta a mutamenti repentini e può inghiottire o dare la vita.
Per conoscere a fondo la cultura Kogi è necessario conoscere i ritmi cosmici e assecondarli. Il ritmo incessante delle maree è fonte di conoscenza e regola l’orologio dei giorni.

Ph. Eric Julien, I Kogi

Così come per conoscere a fondo la tradizione occidentale e religiosa è necessario recarsi ad Avignone, la città che fu del doppio papato. Da Arles, Avignone dista soltanto quarantadue minuti di paesaggio panoramico e per questo è perfetta come seconda tappa di questo nostro viaggio. Come pellegrini si potranno percorrere i quattro chilometri delle sue mura. La città, nel sud della Francia, era un antico insediamento romano. Nel 1316 il papa Giovanni XXII vi si trasferisce con tutta la corte fino al 1377, dando ufficialmente inizio al periodo che conosciamo come “la cattività avignonese”. 
Con questo termine Petrarca, nel Canzoniere, voleva creare un parallelismo con la cattività babilonese degli ebrei, citata nella Bibbia. Ecco sovrapporsi due immagini di città, una orientale, l’altra occidentale, Babilonia e Avignone.

E molto rimane ancora da esplorare, come direbbero i contemporanei globetrotters, sempre alla ricerca della foto perfetta da postare sui social, ammoniti però in continuazione dalla massima proustiana che recita: “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. 

Alessandra Busacca

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