“Diavolo rosso”: un’epopea contadina

Diavolo rosso è una canzone di Paolo Conte del 1982 contenuta all’interno dell’album “Appunti di viaggio”, che racconta le imprese di un ciclista piemontese, astigiano, esattamente come l’autore. L’eroe di questa narrazione è Giovanni Gerbi detto “diavolo rosso” per il colore della sua maglia e per il furore della sua corsa. Pare infatti che il ciclista, durante una sua fuga in gara, sfrecciò davanti a una processione e il parroco esclamò: “Chi a l’é cul lì? Ël Diav?” (“Chi è quello lì, il Diavolo?”).

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Ph. Daniela Zedda. Paolo Conte

Il ritmo è frenetico, caratterizzato da una certa regolarità e da una evidente subordinazione del testo alla musica. Se infatti la canzone d’autore contemporanea è piena di zeppe come “sai”, “dai”, la canzone di Conte, invece, predilige l’uso di pause e cesure: “Uomini grossi / come alberi”; “come gli sguardi / dei francesi”; “quelle bambine … bionde”. 

Con un ritmo concitato e marziale, che sembra imitare quello della corsa rapidissima di Gerbi, Conte ci trasporta in un’atmosfera rurale geograficamente collocabile tra il nord-ovest italiano e la Francia. I luoghi contiani colpiscono per la loro vividezza, è come se nell’evocarli il musicista riuscisse a catturare la loro essenza primordiale:

Guarda le notti più alte
di questo Nord-Ovest bardato di stelle
e le piste dei carri gelate
come gli sguardi dei francesi
un valzer di vento e di paglia
la morte contadina
che risale le risaie 
e fa il verso delle rane
e puntuale
arriva sulle aie bianche
come le falciatrici a cottimo

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Il ciclista Giovanni Gerbi

Conte ha scelto come soggetto della sua canzone un altro ciclista dopo Bartali (1979), da un lato perché Giovanni Gerbi era un suo conterraneo e dall’altro poiché l’atleta rappresentava il talento e la competizione dei primordi. Il “Diavolo Rosso”, nato infatti nel 1885 e morto nel 1995, è stato un atleta pionieristico, un atleta delle origini. Si sa che Paolo Conte ha un’inclinazione particolare per le situazioni allo stato embrionale, imperfette e ruvide. Paesaggio e personaggi sono dunque accomunati da due elementi fondamentali: l’aria contadina e la ruvidezza delle cose primordiali. Negli ultimi versi sembra proprio di poterla respirare quell’atmosfera agreste:

Girano le lucciole
Nei cerchi della notte
Questo buio sa di fieno e di lontano
E la canzone forse sa di ratafià

Su questo sfondo terrigno, notturno e silenzioso, la canzone si configura dunque come un’epopea contadina, il cui eroe è un uomo a cui si dà del tu e lo si invita a bere un’aranciata, intimandogli di fermare il suo viaggio e la sua corsa:

Diavolo Rosso dimentica la strada
vieni qui con noi a berti un’aranciata
controluce tutto il tempo se ne va

Un eroe sicuramente d’altri tempi, tempi ormai lontani, passati e trapassati, da molti di noi mai vissuti, che però, grazie alla musica di Conte, rivivono e risplendono nel nostro immaginario e verso i quali possiamo pure provare nostalgia, anche se non li abbiamo mai conosciuti.
Questa è la potenza evocativa di Paolo Conte.

Giulia Novelli

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