Don’t clean up this blood

Diciannove anni fa il VII nucleo, ovvero il Nucleo Sperimentale Antisommossa guidato da Vincenzo Canterini, assieme ad alcuni Reparti della Polizia fecero irruzione nelle scuole Diaz – Pertini e Pascoli di Genova, adibite rispettivamente dal comune a dormitorio per i manifestanti e a centro di coordinamento per il Genoa Social Forum. 

Le testimonianze di coloro che soggiornavano alla Diaz sono da brividi. 

La prima vittima della Diaz, un giornalista indipendente inglese, Mark Covell, ricorda: “Non ho fatto in tempo a correre dentro la scuola che alcuni agenti mi hanno buttato a terra e hanno iniziato a prendermi a calci e a colpirmi con il manico del manganello. Ho pensato di morire, seriamente. Erano in cinque e continuavano a gridare in inglese ‘kill the black bloc, kill the black bloc‘. Ad un certo punto ho finto di essere morto, ma un carabiniere è venuto a tastarmi il polso, e quando si è accorto che ero ancora vivo ha continuato a picchiarmi.” 

Le altre testimonianze sono, se possibile, ancora più eloquenti: “Stavamo entrando nei sacchi a pelo quando abbiamo sentito urlare ‘arriva la polizia!’. Qualcuno ha chiuso il portone della scuola, noi ci siamo messi contro il muro con le mani alzate. Non è servito a nulla. Gli agenti hanno cominciato a picchiarci con il manico dei manganelli, a tirarci addosso sedie e banchi. Ci riparavamo la testa con le mani. Ma non si sono fermati finché nella scuola non hanno fatto il loro ingresso dei funzionari in borghese.”



Ph. Alessandra Busacca, Via del Campo, Genova

Anna Martinez e Josè Luis Sicilia, due ragazzi spagnoli giunti a Genova per manifestare, descrissero così l’irruzione: “È stato terrore puro, la gente gridava, cercava di scappare ai piani superiori. Gli agenti hanno sfondato la porta e sono entrati: avevano addosso i caschi, il volto coperto dai fazzoletti, e in mano i manganelli e le mazze, proprio quelle mazze che oggi abbiamo visto nelle fotografie pubblicate sui giornali tra le armi che la polizia dice di aver trovato nella scuola. Mentre ci picchiavano urlavano: ‘bastardi comunisti, adesso vi ammazziamo!’. È accaduto tutto a luce spenta, sentivamo le urla e i pianti degli altri accanto a noi e ai piani superiori.”

La polizia entrò poi anche nella scuola Pascoli, adibita a centro di coordinamento e di informazione del GSF, al cui interno si trovavano quindi medici, giornalisti e avvocati. L’irruzione alla Pascoli fu violenta tanto quanto quella della Diaz: le forze di polizia costrinsero tutti coloro che si trovavano all’interno a mettersi contro il muro e iniziarono a distruggere computer e telefoni.

Le violenze subite alla scuola Diaz furono l’apice di quello che accadde nel corso del G8 a Genova, evento controverso, chiacchierato. A distanza di quasi vent’anni, ciò che accadde il 19, 20 e 21 luglio 2001 divide ancora oggi l’opinione pubblica. 



Ph. Alessandra Busacca, Via delle Vigne, Genova

Ci si dimentica di ricordare, non si vuole, forse, ricordare: le macellerie messicane della Diaz e di Bolzaneto, la morte di Carlo Giuliani, il sangue sui marciapiedi, il sabotaggio delle indagini e dei processi,  la promozione di numerosi poliziotti a cariche dirigenziali di più alto livello. 

Ma chi era a Genova ricorda. Non può dimenticare. Chi era a Genova non può scordare i lacrimogeni che bruciano  i polmoni, vietati in guerra ma legittimi nella gestione di ordine pubblico, le corse folli per scappare dai poliziotti e rifugiarsi negli androni dei palazzi, le botte, i manganelli; ma anche lo spirito di comunità dei cittadini genovesi che aprirono le loro porte per far nascondere i manifestanti, le piazze festose nonostante tutto, il movimento reale che almeno in quei giorni sovvertì l’ordine delle cose. Ciò che successe in quei giorni nessuno lo deve dimenticare.

Francesca Busacca

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