Fedele al pane Sara Fanigliulo

“Fedele al pane” – Intervista alla poetessa Sara Fanigliulo

Abbiamo avuto la bella opportunità di intervistare la poetessa Sara Fanigliulo sulla sua prima opera poetica “Fedele al pane” (Transeuropa) che a brevissimo verrà data alle stampe. Prima di leggere le sue parole, analizzeremo brevemente le caratteristiche essenziali di questa silloge. “Fedele al pane” è una raccolta di poesie, ventuno in totale, suddivisa in tre sezioni – “Il primo amore”, “Il sogno” e “Il risveglio” – che narrano un’intensa e intima parabola amorosa. La poetessa, con sapienza retorica e stilistica, indaga e sonda le vie del cuore e ricostruisce un percorso amoroso che si muove da uno stato di grazia e d’incanto iniziali, per quanto venati d’inquietudine, a un accrescersi della preoccupazione, del disincanto e della disillusione. Tuttavia, ed è proprio questo il nucleo di “Fedele al pane”, vi è una forte e sicura rivendicazione della potenza dell’Amore, dell’atto stesso di amare. Sebbene in ogni poesia compaia un “tu” poetico, questo destinatario non è il protagonista della poesia, ma è funzionale proprio all’esaltazione dell’Eros.

  • Ciao Sara, raccontaci brevemente chi sei

Mi chiamo Sara, ho vent’anni e vivo a Torino da circa un anno e mezzo. Sono una studentessa di fisica ed ex classicista, anche se mi fa un po’ strano dire “ex”, perché penso che sarò classicista per sempre. Il mio percorso di studi ha certamente influenzato questa raccolta e il mio modo di scrivere in generale, sia a livello stilistico perché mi ha fornito gli strumenti necessari per essere effettivamente in grado di mettere in versi quel che sentivo, sia a livello contenutistico perché mi ha dato modo di vedere come i poeti, dagli albori della poesia, dalla lirica greca fino ad arrivare ai poeti contemporanei, siano effettivamente stati in grado di trattare determinate tematiche quali l’amore, ma anche il dolore e la sofferenza.

  • Partiamo dai greci: qual è stato il tuo primo contatto con la poesia?

Saffo per me è stata il tramite nel mio avvicinamento alla poesia, è stata la prima poetessa che ho conosciuto attraverso un’antologia al liceo e di lì ho deciso di approfondirne autonomamente lo studio, di leggere i suoi testi, quel poco, purtroppo, che ci è pervenuto. Sono rimasta stregata dalla sua abilità nel parlare dell’amore in maniera assolutamente tangibile, diciamo che è un tratto caratteristico dello stile di Saffo quello di delineare i sentimenti in generale con delle parole e delle espressioni che lo rendono concreto e vicino al lettore. In senso lato è anche un po’ il mio fine, anche se da un certo punto di vista è un intento inconscio perché chiaramente mentre scrivo la risposta è soprattutto allo stimolo che avverto più che al messaggio che intendo veicolare al lettore, però mi piace pensare che attraverso le mie poesie ciascuno possa identificarsi e fare della mia dimensione, che è una dimensione personale, una sorta di interpretazione collettiva, universale.

  • E nella poesia Pleiadi emerge chiaramente l’amore per Saffo. Nella raccolta, oltre alla cultura greca, abbiamo scorto anche tante suggestioni novecentesche, è così?

Sì, ci sono Ungaretti e Pascoli soprattutto nello stile. Nello specifico, l’influenza di Pascoli è preponderante principalmente nell’utilizzo delle figure retoriche, quindi il mio tributo al poeta, che culmina in X Febbraio, non concerne solo alcune tematiche presenti in questa poesia e nell’intera raccolta, ma riguarda anche l’utilizzo di figure di suono e di significato attraverso le quali condensare nel verso l’intento poetico.

Poi c’è Vivian Lamarque per la sua capacità di scarnificare il dolore e di descriverlo nella sua realtà, nella sua dimensione quotidiana che è quindi un ridimensionamento nei confronti di una visione del dolore alternativa quale potrebbe essere quella di un dolore centrale nella vita dell’individuo.

Invece, il nucleo di questa raccolta è l’amore, il dolore è solo un aspetto che però costituisce uno stimolo imprescindibile alla crescita più che un ostacolo. Penso anche alla concezione filosofica dello Streben, dello sforzo attraverso il quale, mediante una situazione antitetica, si giunge poi alla sintesi. “Fedele al pane” è la sintesi di un percorso che attraverso un’esperienza dolorosa, quindi in un certo qual modo antitetica, è giunto a compimento.

  • Quindi il dolore non viene negato, non c’è un rinnegamento del dolore, atteggiamento diffuso nella società contemporanea

Esatto, ne viene rivendicato il valore proprio di crescita, l’importanza del ruolo del dolore nella crescita dell’individuo. I greci avevano una concezione diversa dell’amore così come del dolore. Infatti, il famoso πάθει μάθος (pàthei màthos) è vero, è un insegnamento che i greci conoscevano bene, poi a un certo punto della storia ce ne siamo dimenticati ed è subentrata la paura di soffrire, la paura della morte. I greci avevano capito tutto, siamo noi che ci siamo un po’ persi.

  • E tu cos’hai imparato da questa parabola amorosa?

È stato un percorso di crescita che è culminato nella riscoperta di me stessa, dell’autenticità, di determinati valori a cui resto fedele, appunto “Fedele al pane”, oltre che agli affetti fondamentali, la mia famiglia a cui ho dedicato la mia raccolta, mio padre e mia sorella. E poi oltre a questa presa di coscienza c’è stata anche la valorizzazione di questo dolore.

Peraltro, aggiungo una postilla dal punto di vista grafico: il libro presenta in copertina al centro una poesia della raccolta con il testo dorato e anche il dorso è color oro. Questa cosa mi fa sorridere, perché effettivamente quando penso alla mia raccolta mi viene in mente un concetto a me carissimo dato che sono un’ammiratrice della cultura giapponese, il kintsugi, ovvero la pratica di riempire e riparare i vasi di ceramica rotti con l’oro fuso, quindi l’arte di valorizzare le fratture con l’oro.



Copertina della silloge di Sara Fanigliulo “Fedele al pane” (Transeuropa)

  • Quindi l’obiettivo di fare della ferita un’opera d’arte

Esatto. Quindi questo si rifà alla mia scelta che è nata da uno stimolo, dall’urgenza di dire a me stessa “perché non provare a fare di queste poesie qualcosa di buono?”. Ricavarne del buono da tutte, anche dalle ultime poesie, quelle di dolore che rievocavano una storia finita che, anche se non sono legate a tematiche completamente negative, richiamavano in me dei ricordi spiacevoli. Quindi quando ho visto la grafica mi ha colpito il fatto che anche nella copertina ci sia un richiamo all’oro, quindi in senso lato a questo concetto giapponese. È quello che ho cercato di fare con me stessa, dare valore alle ferite e alle fratture valorizzandole, perché effettivamente hanno valore, sono state un dono prezioso.

  • Nella raccolta sono richiamate tante arti attraverso metafore e altre figure retoriche. Una di queste è la musica. Ce ne vuoi parlare?

Nella raccolta c’è un chiaro riferimento a Dalla, al cantautorato italiano, a Calcutta, all’indie. Penso che il richiamo all’indie, oltre che nell’ultimo componimento, “Fedele al pane”, dove effettivamente si trova l’accumulazione “dolce dolcissima” che richiama Calcutta, in generale si veda nell’uso di alcune figure retoriche di suono. Spesso i cantautori indie fanno uso di queste figure retoriche di suono, allitterazioni, e poi sinestesie perché proprio come si fa in poesia fanno in modo di condensare nel verso, che in quel caso è il verso della canzone, dei significati che hanno altri rimandi, vanno sempre oltre, non si fermano mai al significato immediato della locuzione scelta. Quindi come c’è possibilità di scavare nel testo di una canzone, così fa la poesia attraverso queste figure di suono e di significato.

  • Un’altra arte che figura nella raccolta è la fotografia. Mi riferisco, in particolare, alla poesia Scatti. In che rapporto stanno poesia e fotografia?

Ho scoperto di recente la fotografia, la ritrattistica, che penso sia il genere di fotografia che preferisco perché mi permette di immortalare un movimento involontario, un cambiamento repentino di umore di una persona. È qualcosa che trovo assolutamente affine alla scrittura. Entrambe, scrittura poetica e fotografia, sono caratterizzate da un momento di labor limae che nel caso della poesia è la creazione della struttura, la ricerca della parola, della musicalità del verso, del giusto significante, mentre nel caso della foto è il momento della composizione, lo studio dell’ambiente circostante. Però poi entrambe sono caratterizzate da un momento che è totalmente istintivo e subitaneo: lo scatto per la fotografia e l’avvertimento dell’emozione nel caso della poesia. Per esempio, quando si scatta una foto, per quanto la composizione sia studiata, non sai mai cosa possa succedere nel momento dello scatto. E, nel caso della poesia, per quanto si possa poi perfezionare la struttura a posteriori, l’incipit, l’innesto fondamentale viene proprio dall’avvertimento dell’emozione. Anche per questo nel mio caso l’intera poesia si sviluppa proprio da quella locuzione che poi determina tutto il resto, anche la struttura. Perché in base a come, partendo da quella locuzione, si sviluppano le idee, può capitare che il nucleo centrale della poesia si trovi all’inizio, al centro o alla fine. Noto una forte similitudine tra le due arti.

  • Nella raccolta non ci sono riferimenti cronologici e geografici, a parte Bologna che è l’unico luogo geografico definito, come mai?

Bologna è l’unico luogo fisico, perché in realtà non è un luogo fisico. Il suo ruolo non è quello di una caratterizzazione spaziale, quanto piuttosto di incarnare il sentimento d’amore, perché nella mia vita Bologna è stata centrale nel vivere il mio sentimento d’amore. È stato proprio il luogo caratterizzato da questo sentimento: Bologna l’ho scoperta e vissuta esclusivamente come legata a questo sentimento d’amore, quindi a un certo punto non è più stato possibile distinguere la città fisica dal luogo degli affetti. Bologna è diventata proprio il luogo degli affetti quindi la sua presenza è funzionale al tema centrale della raccolta che è l’amore, il sentimento d’amore.

  • In molte poesie c’è una forte presenza di elementi naturali attraverso i quali vengono espressi i sentimenti

Proprio così, e qui subentra l’influenza di Mariangela Gualtieri che ho letto e apprezzato molto, soprattutto le sue poesie legate alla descrizione della vita quotidiana attraverso questi elementi un po’ prosaici, e anche i loci mutuati dagli elementi naturalistici. Penso alle poesie di “Bestie di gioia”, una delle prime raccolte attraverso cui ho conosciuto Mariangela Gualtieri. La sua capacità di riscontrare negli elementi della natura delle sfere semantiche per descrivere i sentimenti è qualcosa che mi ha colpito molto e da cui sicuramente ho attinto. Quindi così come il mio percorso mi ha dato gli strumenti materiali per scrivere quello che sentivo, allo stesso modo è stato importante poi anche il confronto con gli altri poeti. Per me scoprire una poetessa che riuscisse a richiamare dei sentimenti mediante elementi della natura è stata una vera e propria scoperta di un altro modo di significati e significanti da cui attingere.

  • E in questo anche Neruda è stato forse una fonte di ispirazione?

Quelle di Neruda sono poesie dolcissime però sempre permeate da questo senso di abbandono imminente, celebrazione del culmine dell’amore ma con questo gusto un po’ dolceamaro che lascia presagire qualcosa che verrà a mancare.

  • Che poi è quello che troviamo nella tua silloge, un presagio di una perdita, di abbandono, di solitudine

Esatto, si intuisce dal titolo della seconda sezione, “Il sogno”, che poi è quella più idilliaca e la più estesa. Come sezione si sarebbe potuta chiamare “La felicità” o qualcosa comunque con un’accezione esclusivamente positiva, invece la denominazione “Il sogno” lascia già presagire che si tratta di qualcosa di irreale e destinato a finire. Come sottolineavi, c’è sempre quel lieve presagio un po’ negativo.

  • A proposito delle tre sezioni in cui è suddivisa l’opera, l’ordine in cui sono collocate rispetta anche un ordine cronologico della scrittura? C’è stato un lavoro di sistematizzazione dell’opera?

Sì, mentre scrivevo non c’era assolutamente un intento di costituire una raccolta. Poi nella stesura degli ultimi componimenti, guardando indietro mi sono resa conto di come non fossero a se stanti. Mi è apparsa la raccolta in tutta la sua organicità, quindi come concretizzazione di un percorso di vita, di crescita che si è evoluto anche tramite la poesia.

La poetessa Sara Fanigliulo

  • Nei è una delle poesie che mi ha colpito di più. Emerge, come in altre poesie, il tema della scrittura, la scrittura che parla della scrittura. Ce ne vuoi parlare un po’?

Ne “Il risveglio” c’è la rivendicazione dell’indipendenza delle parole che si affrancano dal destinatario, che è la persona amata, per affermarsi nella loro autonomia, descritte come indipendenti dalla persona amata. Quindi, anche dopo la fine di un rapporto, di una storia d’amore, restano le parole che in quell’istante hanno descritto quel sentimento e ne sono indipendenti. Nel momento stesso in cui sono scritte sulla carta automaticamente si svincolano poi dalla persona amata, dal destinatario, dall’emozione che intendevano descrivere perché poi già solo l’istante successivo a quello stimolo è mutato, quindi poi figuriamoci dopo la fine di una storia.

  • La raccolta prende il titolo dall’ultima poesia della silloge, Fedele al pane. Che cosa significa essere fedele al pane?

La sintesi della mia raccolta è venuta a coincidere non solo con la presa di consapevolezza della fine di una storia d’amore, ma anche con la scoperta dei miei affetti familiari, essenziali, che ho identificato con il pane. Qui c’è anche la contrapposizione rispetto a uno dei versi di apertura del componimento che parla dei dolci di pasticceria con cui ho voluto richiamare quello che era stato un amore finito. Quindi da una parte un cibo più umile però nutriente come il pane, dall’altra quello che a un primo assaggio è più dolce ma che poi si è rivelato effimero, meno nutriente. Il pane inteso come la mia famiglia, gli affetti essenziali a cui ho dedicato la silloge, ma anche pane come riscoperta di me stessa, come sintesi di questo percorso di crescita che passando attraverso l’amore, attraverso la delusione e poi il dolore mi ha portata a una riaffermazione di me. Come dicevi, per quanto la raccolta sia indirizzata a un “tu” poetico che varia in base ai componimenti, tuttavia il vero protagonista è l’amore vissuto in maniera individuale tramite l’altra persona che però funge da destinatario momentaneo, e questo si evince anche dal fatto che l’amore di questa raccolta non è sempre lo stesso. C’è l’amore della prima sezione, poi c’è l’amore centrale verso il quale quasi non si avverte il passaggio perché il protagonista non è la persona a cui questo amore è indirizzato. Non è l’oggetto dell’amore ma è l’amore stesso.

  • Stai scrivendo?

Complice il turbinio di emozioni incredibile che questa raccolta ha portato con sé, il calore delle persone che mi sono sempre state vicine, ma anche quello di persone che si sono proprio interessate e si sono mostrate incuriosite da questa silloge, diciamo che avere così tanti stimoli emotivi ha costituito un incentivo irrinunciabile alla scrittura; quindi anche in un periodo apparentemente un po’ apatico, privo di stimoli come quello attuale in cui viviamo tutti a distanza, io in realtà ho trovato degli stimoli emotivi continui.

 Giulia Novelli

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