Filtri d’amore e orchidee

Esiste un fiore simbolo dell’amore? Sì, ma non è la rosa.

La simbologia erotica ha scelto, nel corso dei secoli, un’altra creatura vegetale, ugualmente difficile da coltivare (del resto, non esiste amore senza spine) e anch’essa rara e delicata: l’orchidea. Secondo la botanica, i bulbi di tutte le piante della famiglia delle orchidaceae hanno benefici curativi e poteri specifici legati alla magia rossa, quella che pertiene alla sfera dei sentimenti. 

Effettivamente, una delle bevande afrodisiache per eccellenza fin dall’antichità era a base di radici di orchidee; a testimoniarlo vi è ancora oggi una “pozione prelibata” in terra libanese e turca che ha come ingrediente principale proprio l’estratto di questo magico fiore dall’etimologia bizzarra e densa di misteri.

In greco, infatti, “ὄρχις” significa “testicolo” e la ragione della sua nomenclatura deriva dal fatto che le radici dell’orchidea si presentano come una coppia di bulbi di forma sferica. A supporto di questo etimo, oltre all’Enciclopedia Treccani, troviamo diverse leggende popolari e miti, tutti legati al tema amoroso.

Secondo i greci Orchis era il figlio di una ninfa e di un satiro, che, dopo aver tentato di violentare una sacerdotessa, fu sbranato dai cani di Dioniso e trasformato in orchidea, divenendo così simbolo di lussuria. In Epiro le sue vicende non sono altrettanto felici: il giovane prenderebbe il nome di Orchide, un ermafrodito, che allontanato da tutti per via della sua duplice natura, maschile e femminile, si suicidò buttandosi da una rupe.

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Esemplare dell’orchidea denominata “Scarpetta di Venere”

Il tipo più comune di orchidea terrestre è chiamato Cypripedium calceolus, che in latino significa “scarpetta di Venere”; questo perché, sempre secondo la mitologia, il labello giallo del fiore ricorda una piccola pantofola. La storia racconta che Venere perse un calzare ricamato in oro durante una tempesta (l’antesignana di Cenerentola), che fu poi trovato da un uomo, ma prima che questi lo toccasse, la scarpa si trasformò in orchidea.

Alcuni antichi studiosi parlano invece dell’orchidea chiamandola con la nomenclatura popolare e cioè Satirio o Satirione. Nel Medioevo gli stessi tuberi radicali delle orchidee erano chiamati: “testicoli di volpe” (così si traduce letteralmente il nome arabo). Il felino è, infatti, allegoricamente sinonimo di lussuria.
Della famiglia delle orchidacee parlano poi Plinio Il Vecchio, scrittore romano (23 – 79 d.C.) e ben prima di lui Teofrasto (371  – 287 a.C.), filosofo e botanico greco. Quest’ultimo nel “Περὶ Φυτῶν Ιστορίας” (lat. De Historia Plantarum) riporta dell’orchidea le seguenti caratteristiche:

“Poche piante sono meravigliose come l’Orchis o la Serapias, le foglie sono simili al porro con uno stelo lungo come il palmo di una mano e i fiori sono di color porpora e le radici consistono in due tuberi, uno grosso ed uno più piccolo simili ai testicoli. Il tubero più grosso, o più duro, come lo chiamano alcuni, preso con l’acqua stimola la lussuria. Il più piccolo che è anche il più molle, preso con il latte di capra reprime invece il desiderio amoroso. Alcuni dicono che ella ha foglie di scilla, ma più pulita e minore, e il gambo spinoso. Le sue radici guariscono le ulcere della bocca e la flemma della pelle; e bevute in vino ristagnano il corpo”.

Insomma, una vera e propria rassegna di proprietà curative di ogni tipo!
In ogni caso a noi interessa il fatto curioso che tutte le associazioni siano effettivamente pertinenti alla sfera semantica della fertilità o del piacere, anche se comunque possiamo constatare da svariate “ricette” che, presi separatamente o abbinati a ingredienti precisi, i bulbi possono assolvere funzioni opposte. Hanno dunque la capacità di punire il proprio oggetto d’amore oppure, al contrario, di renderlo più attraente e focoso. 

Se ci discostiamo dal mito e torniamo all’attualità, scopriremo appunto che in Oriente esiste un alimento molto energetico e ricostituente che si chiama Salep o Sahlab considerato afrodisiaco e capace di moltiplicare il seme maschile. All’apparenza è un banale latte bollito, simile per consistenza al cioccolato bianco, mischiato a cannella, frutta secca ed estratto di orchidea e si consuma caldo, come cremosa bevanda invernale. In Turchia è consumato come un gelato da passeggio. E pare funzionare…

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Salep

A questo punto, sorseggiando un dolcissimo Salep e discutendo di filtri e pozioni, ci si domanda: ma il kykeon, quell’intruglio che la bellissima maga Circe nell’Odissea decide di propinare ai suoi sventurati ospiti, poi trasformati in porci, era forse a base di orchidea? 

Alessandra Busacca

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