Gigli di mare

Sono i fiori del deserto: crescono d’estate nel periodo più caldo, tra luglio e settembre, sprofondando le loro radici nella sabbia più arida e nutrendosi dei raggi del sole e della salsedine portata dal vento. Il loro profumo intenso e dolce è quasi soporifero. Sono creature magiche, immacolate e resistenti, come il luogo in cui potreste trovarli, la Valle della Luna, una distesa segreta di rocce granitiche dalle forme extraterrestri e levigate dalle correnti.

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Ph. Alessandra Busacca, La Valle della Luna (Sardegna del nord)

In pieno agosto decido anch’io di specchiarmi nelle coste della Corsica, sulle scogliere delle Bocche di Bonifacio, e dopo un impervio e affascinante tragitto nel cuore irto e cespuglioso della Sardegna del nord, arrivo in quella che negli anni ’70 era una vera e propria caletta hippie, circondata da argentei massi rosa su cui la luna staglia i suoi riflessi all’imbrunire. Anche qui, come successe per il quartiere di Christiania a Copenaghen (per saperne di più: http://vulcanostatale.it/2017/05/christiania-la-citta-arcobaleno/), si stanziò, oltre quarant’anni fa, un folto gruppo di figli dei fiori (e ancora qualcuno vi abita), che vivevano assecondando i ritmi lenti della natura.

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Hippie campeggiano alla Valle della Luna e lasciano simpatiche indicazioni per una vita eco-sostenibile
Ph. Alessandra Busacca, Margherita Brunello

La radura pare incantata, ma rischia di essere travolta dai progetti di qualche audace uomo d’affari, che potrebbe vedere nella valle una possibile fonte di reddito balneare e potrebbe quindi deturparne la bellezza costruendovi hotel a picco sul mare e/o ampliandone le spiagge fiorite.

A rischio quindi sono flora e fauna di quest’area di Cala Grande e nello specifico non i corbezzoli e il mirto, bensì quel fiore del deserto d’inizio articolo, e già minacciato di estinzione: il “giglio di mare” o pancratium maritimum, dal greco παν (pan, “tutto”) e κρατυς (cratys, “potente”) per le sue supposte virtù medicinali (in realtà possiede alti contenuti alcaloidi oggi considerati tossici), fiore che cresce sui litorali sabbiosi del Mediterraneo e del Mar Nero.

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Ph. Margherita Brunello, Gigli di Mare nella Valle della Luna 

Dopo aver fotografato e quindi catalogato il fiore, anche grazie a una app di riconoscimento per il regno vegetale, osservo la pianta all’esterno, fuori a forma di “cespo” con un fiore bianco che si allarga orizzontalmente, e sotto la superficie un bulbo sotterraneo. 

Leggo sul web che si tratta di “un fiore “ermafrodita” con impollinazione entomofila, produce una capsula contenente nerissimi semi. Il vero seme però è situato all’interno di una massa sugherosa e leggerissima, che ne permette il galleggiamento. Le onde delle mareggiate che raggiungono le dune raccolgono i semi dispersi tutt’intorno dalla pianta e li disseminano, grazie alle correnti, in altri punti della costa, anche lontanissimi, favorendo la disseminazione in nuovi territori. Tale disseminazione è chiamata “idrocora”, perché i semi sono trasportati dalle acque. E’ una formula adottata da questa e altre poche specie, tra cui la più famosa è la disseminazione delle noci di cocco attraverso il mare che consente alle piante di distribuirsi tra molte isole”.

Ecco così spiegata la presenza di questo fiore anche sulle coste dell’Asia Minore e soprattutto le leggende legate alla sua eziologia. Un mito greco molto antico racconta che Era, la regina degli dei dell’Olimpo, mentre allattava il potentissimo semidio Eracle, fu costretta a togliere il seno al piccolo, perché questi succhiava con troppa foga, e dalla separazione caddero alcune gocce di latte, dal cielo alla terra: da una, nacque la Via Lattea, dall’altra, i gigli di mare. Ma non è finita qui.

Anche il folclore sardo ha conservato una storia legata alle passate conquiste saracene dell’isola: una pastorella dai biondi capelli, molto rari all’epoca, si oppose con veemenza e orgoglio alle invasioni saracene, fino a perdere la vita. I suoi assassini ne gettarono il corpo in mare, ma quest’ultimo tornò a riva e dai suoi capelli nacquero i gigli di mare.

Per la tradizione biblica, invece, il giglio di mare (in ebraico khavatselet ha-Sharon – חבצלת השרון) potrebbe riferirsi alla “Rosa di Sharon” del Cantico dei Cantici (2:1) dal momento che il fiore nasce anche sulla fertile pianura di Sharon, ma non tutti gli studiosi concordano con questa identificazione.

Quali che siano le sue diverse interpretazioni e i significati, la preziosità del fiore è intuibile per istinto non appena lo si scorge qua e là, bianco e profumato, tra le dune sabbiose.
“Io sono la rosa di Sharon, il giglio delle valli.” Cantico dei Cantici (2:1)

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Ph. Alessandra Busacca, Giglio di Mare

Alessandra Busacca

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