Si deve al filosofo francese Paul Ricoeur (1913 – 2005) l’aver coniato la fortunata espressione maestri del sospetto riferendosi al cambio di paradigma che avviene nell’interpretazione della realtà grazie al pensiero di Karl Marx (1818 – 1883), Friedrich Nietzsche (1844 – 1900) e Sigmund Freud (1856 – 1939). Nella sua opera del 1965 “Dell’Interpretazione. Saggio su Freud”, Ricoeur scrive: <<Pur essendo esponenti di dottrine diverse fra di loro, anzi opposte su molti punti, Marx, Nietzsche e Freud sono accomunabili nell’opposizione ad una fenomenologia del sacro come propedeutica alla rivelazione del senso. La loro critica è occasione per liberare l’orizzonte, per una parola più autentica>>. Le filosofie di questi pensatori molto diversi tra loro hanno in comune quindi la volontà di offrire un’esegesi del senso, cioè di presentare un’interpretazione della realtà che, partendo dal sospetto verso di essa, porti a decifrare liberamente le espressioni che il mondo offre, rifiutando qualsiasi tipo di dogma e qualsiasi tentativo di mascheramento che la società vorrebbe imporre. Attraverso lo slogan “la verità è menzogna”, questi pensatori si fanno sostenitori non soltanto del libero pensare, ma anche di un processo che porti l’individuo ad allargare l’orizzonte della sua coscienza. È infatti questo il tratto più interessante di questa cosiddetta “filosofia del sospetto”, cioè il voler far rendere consapevole il soggetto che dietro la “visione ufficiale” della realtà vi è molto di più, ossia un vero e proprio occultamento di significati e di mistificazione di questi – seppure ciò venga tratteggiato in maniera diversa dai tre autori – volto a reprimere, a limitare la coscienza del soggetto.
L’obiettivo dei maestri del sospetto è quindi allargare la consapevolezza del soggetto nei confronti della propria coscienza, affinché quest’ultimo sia libero di interpretare il mondo, la realtà, senza limitazioni. Per arrivare a ciò, secondo la scuola del sospetto, è necessario mettere in dubbio, prima ancora della realtà, la coscienza stessa. Tutti e tre questi pensatori e distruttori del sentire comune condividono l’aver voluto rielaborare il dubbio cartesiano, mostrando come ogni coscienza, dopotutto, sia una “falsa coscienza”, proprio perché viziata dal non essere stata mai oggetto di un’accurata indagine. Cartesio (1596 – 1650) tramite il suo dubbio metodico aveva mostrato come si possa ragionevolmente dubitare di tutto tranne che della propria coscienza. Il soggetto che si è formato a partire da questo “dogma cartesiano” non ha problemi a dubitare delle cose e a pensare che la realtà fisica non sia dopotutto come appaia, ma non dubiterà mai del fatto che la coscienza possa essere altro da come gli appare.
Per Marx, Nietzsche e Freud questo rappresenta un limite che il soggetto, se vuole autenticamente conoscere se stesso, deve valicare: dopo il dubbio verso la “res” (cosa) – per dirla alla maniera di Cartesio – è il momento del dubbio verso quella parte che mai ci si sarebbe sognati di mettere in dubbio: la propria coscienza. Se Cartesio trionfava sul dubbio tramite l’inattaccabilità della coscienza, i maestri del sospetto pongono nella possibilità di interpretare liberamente la realtà il valore che permette all’individuo di emanciparsi, di liberarsi da quelle catene invisibili che per secoli lo hanno imprigionato e di rintracciare nuovi significati nell’esistenza.

Nell’ottica di Ricoeur, Marx, Nietzsche e Freud non si pongono solo come distruttori, ma, al contrario, sono portatori di una nuova interpretazione del mondo, di un nuovo modo di guardare ad esso. Ognuno dei tre, tramite argomenti diversi, è riuscito allo stesso tempo a demolire i vecchi inganni e gli idoli della tradizione e a offrire nuovi strumenti per reinterpretare la realtà.
Nella sua dialettica servo – padrone, ad esempio, Marx svela i meccanismi che stanno alla base del sistema capitalistico mettendone in dubbio la validità e soprattutto la giustizia. L’obiettivo della filosofia di Marx è quello di fornire agli uomini (intesi come classe proletaria) gli strumenti per arrivare alla libertà e uscire dall’alienazione alla quale il sistema capitalistico li ha rilegati. Con la sua analisi Marx ribalta completamente la relazione tra il servo (proletario) e il padrone (capitalista). Il servo diviene “padrone del padrone”: è lui tramite il suo lavoro, il suo sudore, a muovere il sistema e non il contrario. Il capitalista, secondo quest’ottica, diventa “il servo del servo” dal momento che ha bisogno della forza lavoro dei proletari per accrescere la propria ricchezza. Il proletariato per Marx deve rendersi consapevole di questo e, in base a ciò, unirsi a livello mondiale con gli altri proletari per cambiare il sistema e fare in modo che i lavoratori possano godersi i frutti del proprio lavoro, della propria fatica, e non essere i semplici strumenti che il capitalista utilizza per arricchirsi. La disamina di Marx ha una forte valenza etica e non solo sociale ed economica: tramite questo smascheramento è possibile spezzare le catene della schiavitù, superare secoli e secoli di sanguinosa lotta di classe e, soprattutto, creare una società più giusta, equa e solidale.

In Nietzsche l’opera di disvelamento di significati tenuti nascosti da secoli e secoli di tradizione è ancora più evidente. Il concetto di “verità” in Nietzsche assume infatti un nuovo significato. Per il filosofo tedesco non è più possibile parlare di “verità assoluta”, soprattutto alla luce della “Morte di Dio” (importante crocevia non solo della filosofia di Nietzsche, ma di tutto il “sentire” europeo di fine Ottocento – inizio Novecento). Con la morte del Dio platonico – cristiano, si apre una nuova era, quella in cui per l’uomo, o meglio per l’Übermensch (l’oltreuomo), è possibile individuare nuovi significati nel reale e porsi nei suoi confronti in maniera più dinamica e meno passiva, a differenza di quanto aveva permesso la tradizione. Non è un caso che l’ultima fase, incompiuta, del pensiero di Nietzsche riguardasse la trattazione della “Volontà di Potenza”, cioè di questa prorompente forza vitale che porta l’oltreuomo, tramite l’accettazione del proprio destino (Amor Fati), ad apprezzare l’esistenza, a godere di essa tramite quell’ebbrezza dionisiaca oscurata dalla luminosa e razionale forza apollinea di cui la tradizione si è armata per frenare la vitalità dell’individuo. In definitiva, l’obiettivo della filosofia di Nietzsche è arrivare al potenziamento della coscienza e al ripristino nel mondo dello spirito dionisiaco. Ma, per arrivare a questo, è necessario prima di tutto relativizzare la verità.
La verità per Nietzsche non è qualcosa di granitico, intoccabile, imperituro – non a caso egli scriveva che “non esistono fatti, solo interpretazioni” – ma qualcosa che è stata soggetta ad un continuo divenire nel corso della storia dell’umanità. La verità è ogni verità. Ciò vuol dire che la verità si “soggettivizza”: il soggetto acquisisce il titolo di ermeneuta, di interprete della realtà. Non essendo più vincolato ai valori della tradizione, non avendo più “punti fermi” millenari (come l’idea di Dio) egli può liberamente ricercare un nuovo senso nell’esistenza.

Freud, infine, si pone come obiettivo di mostrare che dietro la coscienza razionale dell’individuo vi è un fondo pulsionale e irrazionale che deve essere necessariamente preso in considerazione. Mettendo in discussione il sapere razionale e ponendo l’accento sui fattori inconsci che risultano determinanti poiché prendono il sopravvento sulla coscienza, Freud mostra come l’Io – la coscienza appunto – diventi un campo di battaglia in cui forze potenti sono in conflitto tra di loro e sfuggono di frequente al controllo della coscienza del soggetto. Ne viene fuori un’immagine caotica, disarmonica della natura. La proposta freudiana quindi mostra l’impossibilità di cogliere consapevolmente il reale: non è possibile spiegare razionalmente la realtà. Più che sulla ragione umana, l’interesse di Freud è indirizzato verso gli istinti e i processi passionali capaci di provocare manifestazioni fisiche e psichiche. Concetto cardine della teoria psicoanalitica freudiana diventa il termine libido (desiderio), cioè un’energia vitale, erotica, attiva e costruttiva (pulsione di vita) che, in quanto Eros, si concede, si dà, si manifesta e crea. Tutte queste caotiche pulsioni irrazionali non sono altro rispetto al soggetto, ma sono parte di esso, costituiscono la sua natura e, nonostante rimangano celate, sono delle forze non indifferenti che non possono non essere prese in considerazione. Non a caso Freud descriveva l’inconscio come un iceberg: la parte che emerge è nettamente inferiore rispetto a quella che rimane inabissata.
Ciò che accomuna Marx, Nietzsche e Freud è l’aver quindi analizzato, messo in dubbio e, in un certo senso, superato quelli che per secoli sono stati considerati dei punti fermi imprescindibili nella società e nella cultura occidentale. Il pensiero di questi maestri del sospetto ha contribuito non soltanto a minare le fondamenta di gerarchie secolari, ma anche spostato l’attenzione verso il ruolo centrale che il soggetto ha nel significare la realtà, cioè nell’interpretarla, e nel cercare liberamente di darle un senso liberandola da preconcetti accettati in virtù di una tradizione secolare. La loro azione – il sospetto – mette in crisi e contemporaneamente apre a nuove possibilità. Il termine “crisi” (krisis) deriva dal verbo greco krino che significa “separare”, “cernere”, “scindere”. “Crisi” è letteralmente ciò che separa, scinde, frattura. Il sospetto è portatore di crisi in quanto interviene sull’abituale e lo problematizza. L’essenza del sospetto consiste nel generare crisi, spezzando l’armonia e l’equilibrio. C’è una presa di distanza, una separazione dalla tradizione, dallo scontato, dal convenzionale, dall’ordinario. Il sospetto è perciò straordinario e rivelatore: mostra il disgregarsi di una realtà fallace dalla quale bisogna separarsi e lo svelarsi di un’altra realtà con la quale il soggetto può relazionarsi. “Crisi”, seguendo la sua accezione originaria, vuole anche significare ‘’scelta’’, ‘’decisione’’. La crisi, provocando un turbamento, chiede al soggetto di riflettere e scegliere.
È stato questo, per concludere, l’obiettivo di questi tre intellettuali: essi hanno mostrato tutta l’inadeguatezza di un sistema ideologico e trasportato criticamente il sentire dell’individuo verso una svolta e un cambio prospettico. Vi è in loro un’energia caotica che, mettendo in discussione il reale così come appare, esalta l’irruenza di una natura cangiante e mai in quiete che evolve incessantemente e innesca innovazione, originando pertanto altre e nuove forme, aprendo a distinte e molteplici prospettive.
Giuseppe D’Alto
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