Viaggio sulla tratta Parigi – Milano. Otto ore di treno circa. Il posto assegnatomi, per una qualche casualità, mi viene sostituito e così al mio fianco trovo Fulvio Ferrari, che, allora, non conoscevo. Dopo un bicchiere di vino rigorosamente rosso e una lunga e interessante conversazione, scopro che Fulvio è esperto conoscitore dell’architetto e designer torinese Carlo Mollino e dal 1999, insieme al figlio Napoleone, si è impegnato a rintracciare suoi scritti e fotografie, che ora sono preziosi documenti d’archivio, nonché a riportare allo stato originario quella che oggi è a tutti gli effetti la Casa museo di Carlo Mollino. Ma chi fu costui?
Teatro Regio di Torino
Carlo Mollino, senza giri di parole, è un personaggio geniale. Nasce a Torino nel 1905. Si laurea nel 1931 diventando architetto, ma non può essere definito come tale soltanto; egli è anche fotografo (scrive “Il Messaggio dalla Camera Oscura”), designer di interni, ideatore di progetti ambiziosissimi quali il Teatro Regio di Torino, Casa Miller, un’automobile da corsa e numerosi altri, tutti diversi. Riesce a lavorare contemporaneamente a più idee, disegnando nello stesso momento su due fogli e pensando a mondi lontani anni luce fra loro. Per tutto ciò che fa ha un progetto ben preciso. Nei primissimi anni della sua vita, in prima elementare, sapeva disegnare alla perfezione i dettagli di una macchina fotografica. Sezionava, alla Leonardo da Vinci, gli oggetti che lo intrigavano, e cercava di costruirne altri, come velivoli, aeroplani e macchine da corsa. Negli ultimi anni della sua vita, invece, si dedica segretamente alla composizione di un appartamento personale, una casa dello spirito: la Casa in via Napione a cui lavorerà dal 1960 al 1968.
– Siamo in arrivo a Torino Porta Nuova. We are arriving in Torino Porta Nuova –
Il treno si ferma. Il mio compagno di viaggio scende ed io, affascinata e incuriosita, proseguo fino al capolinea, promettendomi di andare presto a visitare la Casa Mollino.
Ebbene, dopo tre anni, finalmente sono entrata in quella casa e nel suo mondo. Proprio una domenica mattina di questo luglio.
Torino è calda, il sole batte sulla pietra e illumina i ciottoli del Po e della Dora. I due fiumi trasparenti scorrono lentamente, si incontrano, mischiando le loro acque.
Noi entriamo dal cancello, intravediamo il giardino di rose. Casa Mollino è magica. Come la città in cui è stata costruita. Torino, si sa, ha una tradizione esoterica molto antica, e ciò che Carlo Mollino ha lasciato in eredità ai suoi posteri, e che Fulvio Ferrari ha studiato, è un interrogativo, quello della sua personalità eclettica e della sua abitazione, mai veramente vissuta: la Casa del Riposo del Guerriero.
L’edificio in via Napione 2 è un dedalo di specchi oggi un po’ scuriti dal tempo, ma ancora capaci di riflettere il passato e restituire un velo dell’antico splendore. Ogni stanza è ricca di simboli, moltissimi tratti dalla cultura egizia, che Mollino dichiarava essere tra le culture quella fondamentale per conoscere e capire l’essenza della vita stessa.
“Quello che vorrei che fosse chiaro è il mio desiderio di avere questa cabina vetrata. Oscurabile e occultabile coi noti mezzi. Non sempre si vuole avere la città e il panorama ai nostri piedi. Cabina con vetrata panoramica e non serra per bagno turco.” (Carlo Mollino. Nel 1942 la rivista “Domus” chiede ad alcuni architetti di progettare la loro casa ideale).
Bisogna tener presente poi alcuni fatti curiosi: la casa era in affitto, non era di proprietà dell’artista, era un luogo del tutto segreto, di cui non aveva fatto parola a nessuno, nemmeno ai suoi più intimi amici. Addirittura la pittrice Carol Rama, sua cara amica, aveva la finestra di casa sua che si affacciava su Via Napione e giura di non averne mai saputo niente! Il progetto di Mollino si trasforma così in un vero e proprio enigma alla Sfinge edipica, guarda caso la figura mitologica protettrice delle piramidi.
Tornando al mondo egizio sappiamo come gli abitanti del Nilo costruissero meravigliose architetture intese però come dimore in cui ospitare in perpetuo l’anima del defunto.
“Appare quindi l’ipotesi che in via Napione il faraone-architetto Mollino abbia realizzato una sorta di Résidence d’Eternité” (Fulvio Ferrari in “la Casa Mollino”, 2015. Istituto Italiano di Cultura de Paris).
A istinto i miei occhi cadono sul pavimento in maioliche di Vietri blu cobalto dell’entrata e le valve aperte di una grande conchiglia che invita a riflessioni iperuranie sulla bellezza, come già Botticelli e la mitologia greca avevano fatto proprie.
Si respira, in generale, un’atmosfera ovattata, come se il silenzio parlasse, e come se tutti e quattro gli elementi di terra, aria, fuoco e acqua, si fondessero in un unico microcosmo tutto da esplorare.
Particolare del cuscino con barca egizia
Ogni oggetto di Casa Mollino è materia, ma è anche un varco simbolico, che va oltre l’esistenza, e che, decostruito alla maniera surrealista, può avere una lettura trascendentale, allo stesso modo di un geroglifico egizio, che contiene, nel segno sul papiro, molteplici significati, a seconda della posizione che occupa e in relazione agli altri pittogrammi.
All’ingresso, non a caso, è collocato uno specchio ovale, un uovo cosmico, che, come un obiettivo fotografico, vuole immortalare il visitatore e restituirgli la sua immagine, una scelta interessante e dall’alto valore simbolico.
Anche la stanza da letto ha il lampadario a forma di uovo e pare che il letto salga verso lo spazio essendo sopraelevato su un gradino. Questo perché il percorso conoscitivo dell’uomo dovrebbe tendere verso l’alto, in un movimento ascetico, come la traiettoria dell’imbarcazione solare, la barca egizia dell’aldilà.
A sostegno della teoria della “casa mausoleo”, oltre ad alcune dichiarazioni di Carlo Mollino, abbiamo qui anche un altro elemento: un esercito di 316 farfalle ordinate in 64 tavole su una parete della camera. La raccolta costituirebbe una sorta di harem divino che imita l’usanza orientale di inumare insieme a imperatori o re eserciti simbolici di guerrieri e ricorda il dono che Amenophis III ricevette in dono dalla sua sposa Taja: 317 concubine. Carlo Mollino non trovò mai, per quanto ne sappiamo, la sua metà nel mondo femminile, ma questo fatto potrebbe essere significativo per la lettura delle sue farfalle, forse simbolo incarnante le donne che ebbe in vita, ma tra cui nessuna fu da lui prediletta. A testimonianza di questo ci sono una serie di fotografie di modelle che lui ritraeva in una villa in collina in piena notte e che tutte insieme formerebbero una sorta di fittizio harem personale.
“E’ la ricerca di un incontro, almeno sulla carta, con la parte femminile, con un diverso da sé, strappato allo specchio della copia per venire ricostruito a somiglianza dei propri desideri, delle proprie aspirazioni di coppia” (Daniela Palazzoli in “Carlo Mollino. Polaroid”, a cura di Fulvio Ferrari, Allemandi ed., 1985).
1.Ingresso | 2. Porta del soggiorno verso il terrazzo. Conchiglia Tridacna Gigante
Ahimé però non è mio compito svelare tutti i segreti che solo esperti del settore, egittologi o amanti dell’architettura, potrebbero sviscerare, e che il guardiano del tempio di oggi, Fulvio Ferrari, è riuscito a trasmetterci.
Per presentire e conoscere la personalità di Carlo Mollino e le sue opere, vale dunque la visita alla sua dimora, cristallo terapeutico dalle mille sfaccettature, con tutte le sue ombre e le sue luci.
Si ringrazia Fulvio Ferrari per l’illuminato percorso e per l’attenzione dedicata.
Alessandra Busacca