“Il corpo nel Medioevo”: un luogo di contraddizioni

Il corpo ha una storia? Il modo in cui mangiamo, camminiamo, dormiamo, stiamo seduti, balliamo è sempre stato lo stesso? In tutte le epoche, società e culture?

Il nostro modo di usare il corpo e di pensare il corpo sono qualcosa di naturale? O piuttosto di culturale? La nostra concezione della malattia, della vita e della morte, del sesso, della donna, di ciò che è sacro e di ciò che è turpe è cambiata nei secoli? La risposta è affermativa. Dove c’è cambiamento, c’è storia. “Storia” viene dal greco ἱστορία e significa «ricerca, indagine, cognizione». La storia è dunque un’indagine dei fatti del passato che vengono ordinati cronologicamente e i cui momenti salienti vengono messi in risalto. Eppure, se abbiamo convenuto che ci sia stato nel tempo un cambiamento delle “avventure del corpo”, come le chiama Marc Bloch, è solo da inizio Novecento che gli storici si sono interessati ad esse. Fino ad allora, la storia è sempre stata una storia senza corpo, una storia disincarnata. Re, soldati, e popoli spesso per la storiografia non erano (e non sono) che mere figure bidimensionali, senza umori, passioni, slanci, preoccupazioni, che difficilmente possono risultarci familiari. E probabilmente questa è la causa della disaffezione alla storia di molti in età scolare.

Jacques Le Goff, che è stato uno dei massimi medievisti, attraverso il suo saggio “Il corpo nel Medioevo” (Laterza, 2010) ridà dignità piena al corpo medievale, scrivendone una storia appassionante e ricca attraverso pagine di chiarezza cristallina. Il Medioevo, o meglio quell’immenso periodo di mille anni che è tradizionalmente così definito, è un’epoca di contraddizioni e il corpo le racchiude e contiene tutte. Attraverso lo studio del corpo nel Medioevo si evidenziano gli aspetti salienti della cultura medievale. Lo studio del corpo è un osservatorio privilegiato per leggere la società medievale, la storia medievale.

Jacques Le Goff, el historiador que devolvió la luz a la Edad Media | Maven  Trap
Jacques Le Goff (1924 – 2014)

La prima grande contraddizione, il grande evento che ha determinato e plasmato l’identità occidentale è il cristianesimo, che proprio nel Medioevo si è impiantato e sviluppato. Il cristianesimo sembra essere ossessionato dal corpo che, da una parte, è represso, sottolinea Le Goff, e dall’altra è glorificato; è cioè allo stesso tempo oppresso e venerato, disprezzato e santificato. Infatti, il corpo, sebbene venga con cura represso (pensiamo, per esempio, alla scomparsa degli sport, delle terme, dei teatri, dei giochi tanto cari agli antichi), diventa il centro della società medievale. Questa centralità si deve sostanzialmente a due motivi: innanzitutto, l’incarnazione di Cristo, Dio che si è fatto carne, e il cui corpo martirizzato e agonizzante è adorato. E poi per la resurrezione di Cristo: Gesù resuscita in carne ed ossa, col suo corpo. Non ci sarà una resurrezione delle anime, ma una resurrezione dei corpi secondo la dottrina escatologica della Chiesa cattolica.

Eppure, ci ricorda Le Goff, Gregorio Magno diceva ad esempio che “Il corpo è l’abominevole involucro dell’anima”. Ma da dove nasce questa repressione del corpo? Non è un frutto del Medioevo ma del Tardo Antico: la “grande rinuncia” al corpo è stata compiuta all’interno del paganesimo. In particolare, questo nuovo sentire circa il corpo si sviluppa sotto il regno di Marco Aurelio (180-200 d.C.), imperatore stoico di uno stoicismo “intriso di ascetismo e basato sull’autocontrollo, perennemente in lotta contro la depravazione delle passioni”. Il cristianesimo non ha inventato niente, anche se è ovvio che “conferirà a tale svilimento del corpo e della sessualità un’impronta più marcata”.

La contraddizione, ossia il paradosso che attraversa il corpo medievale, si vede bene osservando la Quaresima e il Carnevale. La Quaresima, cioè i quaranta giorni che precedono la Pasqua (la Resurrezione di Gesù), è segnata dal digiuno, dal magro, dalla moderazione, dalla continenza; il Carnevale (che viene dal latino “carnem levare”), cioè il periodo che precede la Quaresima, rappresenta, invece, il grasso, la crapula, la festa, la baldoria, l’eccesso, la smodatezza. Il corpo medievale oscilla tra questi due estremi, ben sintetizzati da Pieter Bruegel nel suo dipinto “Lotta tra Carnevale e Quaresima”.

Lotta tra Carnevale e Quaresima di Pieter Bruegel il Vecchio: l'arte post  Martedì grasso
Pieter Bruegel, “Lotta tra Carnevale e Quaresima”, 1559

Non c’è un aspetto del Medioevo che non sia toccato da questa tensione. Lo è il lavoro, da una parte disprezzato, specialmente quello di prostitute, medici e mercanti che hanno a che fare con situazioni e oggetti “ignobili” quali il sesso, il sangue e il danaro. Il lavoro manuale, il “labor” (sforzo, fatica), è disprezzato, mentre è apprezzato l’“opus” (opera), cioè il lavoro creativo. A partire dall’XI secolo, epoca di grandi cambiamenti, dallo sviluppo delle città alla nascita delle università, il lavoro viene incoraggiato. Il lavoratore viene pian piano stimato. San Francesco d’Assisi oscilla tra lavoro e mendicità, optando poi per la seconda. Ed è proprio questo santo che scriverà “fratello corpo”, testimonianza del cambiamento di sensibilità circa il corpo. 

Le Goff esplora e sonda anche gli ambiti più intimi della vita umana come la sessualità, condannata strenuamente dalla Chiesa (basti pensare che proprio nel Medioevo il peccato originale è stato abilmente trasformato in peccato sessuale), e l’amore affermando:

“il Medioevo ha indubbiamente ignorato ciò che noi chiamiamo amore. […] Il che non significa che gli uomini e le donne del Medioevo ignorassero gli slanci del cuore o i giochi erotici del corpo e l’attaccamento alla persona amata, ma l’amore, sentimento moderno, non era un fondamento della società medievale. I soli Eloisa e Abelardo sembrano fare eccezione.”

Immagine che contiene testo

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Miniatura contenuta nel Codex Manesse

L’erotismo non era certo sconosciuto ai nostri antenati medievali, visti i temi di alcuni fabliaux, che sono poemetti in rima baciata, come “La voglia dei cazzi”, recentemente tradotto in italiano dallo storico Alessandro Barbero. 

Le Goff osserva in filigrana la malattia, la morte, ci spiega il valore che avevano il riso e le lacrime, le donne incinte, i bambini, che cosa si mangiava (era una dieta mista tra quella mediterranea in cui domina la triade grano, olio e vino e quella barbara più incline alla carne. Apprezzatissimi erano il cappone e i volatili da cortile), come si stava a tavola e così via.

Immagine che contiene testo, persona

Descrizione generata automaticamente
Particolare di “The Feast of Dives”, Master of James IV of Scotland, circa 1510 – 1520
(collezione: J. Paul Getty Museum)

È veramente vastissimo e affascinantissimo il campo d’indagine del nostro Le Goff che in sole centocinquanta pagine riesce a evocare un mondo. “Il corpo nel Medioevo” è una piccola e ricchissima enciclopedia, in cui da ogni frase, e non è un’iperbole, sgorga conoscenza e rievocazione concreta dell’universo medievale.

Giulia Novelli

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