Il paese di Bengodi e l’ombelico di Venere

Bengodi è il nome di un paese immaginario, una terra di delizie e abbondanza, come ben lascia intendere l’etimologia del nome, che è un composto formato dalle parole “bene” e “godi”, forma del verbo “godere”. Oggi il termine è usato come modo di dire proprio per indicare un Eldorado, un paradiso culinario, ma l’espressione nasce con Giovanni Boccaccio nella terza novella dell’VIII giornata del “Decameron” intitolata Calandrino e l’Elitropia, narrata da Elissa.

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Rappresentazione del Decameron in un dipinto di John WIlliam Waterhouse (1916)

Ecco la citazione dell’ingegnoso scrittore: «[…] in una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce e avevasi un’oca a denaio e un papero giunta; ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n’aveva; e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciola d’acqua.»

Molti eruditi e filologi romanzi hanno condotto numerosi studi per identificare il luogo immaginario in una reale latitudine e longitudine terrestre, finché alcuni esperti del buongusto hanno deciso che, poiché la terra del parmigiano reggiano è l’Emilia Romagna, allora quello doveva essere anche il Paese letterario di Bengodi. Non a caso, tra i prodotti di qualità della regione spiccava già nel Medioevo la pasta fresca e in particolare il re della pasta ripiena: il Tortellino.
Come gli italiani ben sapranno, il tortellino è un piccolo involucro dorato di pasta all’uovo, sottile quanto basta per essere modellata sul mignolo e chiusa finemente a ricciolo dopo essere stata imbottita di lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna, Parmigiano-Reggiano, uova e, ingrediente segreto, la noce moscata. Anche se esistono diverse varianti nella preparazione di questo piatto, vi è una certezza: i consumatori più ortodossi li preferiscono gustare nel brodo di carne.

La storia del tortellino è molto complessa: le sue origini sono dibattute, fonte di continui litigi tra Modena e Bologna, le città che se ne contendono i natali. Le prime leggende folcloristiche sul tema si trovano nel poema eroicomico “La secchia rapita” di Alessandro Tassoni (1614), che racconta il conflitto tra Bologna e Modena al tempo dell’imperatore Federico II, sfociato nella Battaglia di Zappolino (1325) a seguito di quello che fu considerato dai bolognesi come l’ennesimo affronto subito da parte dei modenesi: il furto di un secchio usato per dissetarsi a un pozzo. Un’assurdità che costò la vita a migliaia di cavalieri. L’ “infelice e vil secchia di legno” è ancora gelosamente custodita dal comune di Modena, che non ha mai voluto restituirla. 

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Sala della Secchia Rapita sulla Ghirlandina a Modena.
Il pezzo originale è conservato nel Palazzo Comunale.

Il poema di Tassoni ci interessa però per questi versi:

«… l’oste, ch’era guercio e bolognese,
imitando di Venere il bellico,
l’arte di fare il tortellino apprese


Ph. Alessandra Busacca, i tortellini bolognesi

Si dice che nella cittadina di Castelfranco Emilia (a metà strada tra Bologna e Modena) riposò, in una locanda, la dea dell’amore Venere. Costei, durante il conflitto medievale per eccellenza (la Battaglia di Zappolino, per l’appunto), paragonabile per fama e sangue alla guerra di Troia, era schierata con Bacco e Marte al fianco di Modena e tutti gli dei avevano dovuto esprimere il loro giudizio in merito, proprio come accadde tra greci e troiani. 

Stremata dai continui frastuoni, Venere si adagiò mollemente sul letto e si addormentò seminuda, non prima di aver fatto innamorare tutti i presenti tra cui un oste, che, incuriosito da quella donna misteriosa e lucente, sbirciò dalla serratura della sua camera e la scorse in tutta la sua bellezza. Tra tutte le parti del corpo che poteva riprodurre, l’oste abilissimo e romantico cuoco, scelse di riprodurre con la pasta fresca le fattezze dell’ombelico di Venere. 

Ecco nato il mitico tortellino!

Ora, l’oste, secondo Tassoni, era bolognese. Venere parteggiava per Modena…ma il tortellino fu creato a Castelfranco, dunque… qual è l’origine del tortellino? 
Sicuramente proviene dall’Emilia-Romagna, ma non volendo inimicarci nessuno, che ne dite di lasciarlo nel suo brodo?

Alessandra Busacca

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