Con una crisi economica e sanitaria in corso, la specie umana ha rivisto le sue priorità e i suoi desideri e, in nome dell’istinto di sopravvivenza, ha iniziato lentamente a riorganizzarsi.
E’ il caso di settori come quelli dell’arte e della fotografia, che, purtroppo, hanno ben poche speranze di salvarsi con il solo metro di sicurezza. Musei chiusi, eventi annullati, gite turistiche e riunioni nel sottoscala rinviate. Che fare?
Copertina del numero di aprile 2020 della rivista Vogue Italia
Dall’8 marzo il lockdown totale dell’Italia e il blocco della mobilità da e per ogni regione, per contenere la diffusione del virus, non hanno impedito però la circolazione delle idee, e hanno permesso la comparsa a macchia d’olio di progetti artistici indipendenti, sfide fotografiche e concorsi, che non solo stanno aiutando a creare fondi per gli ospedali, ma con la loro creatività e costanza lanciano anche messaggi positivi di resilienza.
Con queste poche righe, l’articolo vuole dare testimonianza di alcune delle iniziative più note.
Una prima presa di posizione fotografica, forte e decisa, è stata assunta da un magazine di moda, e non uno qualunque: VOGUE Italia, celebre oltre che per la potenza di una comunicazione visiva di altissima qualità, anche per vantare una notevole influenza sulle coscienze dei suoi lettori più accaniti. Il direttore editoriale Emanuele Farneti con Alessia Glaviano, Brand Visual Director, e Ferdinando Verderi, Creative Director di Vogue, hanno scelto, per il numero del mese di aprile, una cover completamente bianca. Per comprenderne le ragioni, chi meglio del direttore stesso può raccontare gli sviluppi di una decisione così fuori dal comune e allo stesso tempo rivoluzionaria?
“Io non so se, come dicono alcuni, la ragion d’essere di Vogue è quella di intrattenere, di regalare qualche ora di evasione a chi lo sfoglia. So, come si legge a pagina 59, che questo giornale nella sua storia ultracentenaria ha attraversato guerre, crisi, atti di terrorismo. E la sua tradizione più nobile (ne è forse l’esempio più lucente Audrey Withers, che ne ha diretto l’edizione inglese sotto le bombe naziste) è quella di non voltarsi dall’altra parte. Perché, come diceva proprio Withers, stare zitti vuol dire farsi andare bene lo status quo. Poco meno di due settimane fa stavamo mandando in stampa un numero pianificato da tempo e che vedeva coinvolto in un progetto gemello anche l’Uomo Vogue. Ma parlare d’altro, mentre le persone muoiono, medici e infermieri mettono a rischio la propria vita e il mondo sta cambiando per sempre, non è la storia di Vogue Italia. Così abbiamo accantonato il progetto e ricominciato da capo, con in mente di fare tre cose. […]
La terza e forse la più difficile: decidere di mandare in stampa, per la prima volta nella nostra storia, una copertina completamente bianca. Non perché mancassero le immagini, appunto, tutt’altro. Ma perché il bianco è tante cose assieme.
Il bianco è innanzitutto rispetto.
Il bianco è rinascita, è la luce dopo il buio, la somma di tutti i colori.
È tempo e spazio per pensare. Anche per rimanere in silenzio […]
Soprattutto: il bianco non è resa, piuttosto è una pagina tutta da scrivere, il frontespizio di una nuova storia che sta per cominciare.”
(Per leggere l’editoriale completo, cliccare qui)
Altre iniziative, ma non meno importanti, sono quelle di alcune realtà italiane, dedite allo studio e alla divulgazione della fotografia. Tra queste ricordiamo Perimetro (https://perimetro.eu/) e Camera di Torino, il centro italiano per la fotografia (http://camera.to/), che hanno organizzato delle interviste live sui canali social con autori del panorama internazionale dell’arte come Paolo Ventura o Silvia Camporesi.
In particolare, il community magazine di Perimetro ha contribuito al progetto chiamato “#100fotografieperBergamo”, una delle città più colpite dal Coronavirus, per cui sono state, infatti, donate cento stampe (veri e propri scatti d’autore) per aiutare il reparto di rianimazione e terapia intensiva dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, riuscendo ad arrivare a più di 720.000 euro raccolti.
I fotografi stessi poi si sono cimentati in challenges e open calls utilizzando il proprio profilo Instagram per condividere pubblicamente scatti di vita quotidiana, assottigliando le distanze con il pubblico e arricchendo di immagini professionali un quadro virtuale come quello dei social che altrimenti rischierebbe di essere sempre più lontano dalla realtà, fagocitato da un ego malsano dei suoi utenti. Gli artisti e i fotografi hanno saputo invece con genio sfruttare i mezzi a propria disposizione e la loro popolarità con uno scopo nobile e si sono assunti la responsabilità di schierarsi.
Vogliamo quindi dare un like ai social media e al mondo iperconnesso? Sì, lì dove se lo sono guadagnati! La tecnologia può dimostrare che tablet, schermi e lenti, se orientati nel verso giusto, possono portare realmente a vedere le stelle.
Alessandra Busacca