Vi ricordate la polemica “Murgia contro Battiato” che un paio di mesi fa è impazzata sui social? La Murgia aveva diplomaticamente affermato che perlopiù tutti i testi del cantante, salvo rare eccezioni, sono “minchiate assolute, citazioni su citazioni e nessun significato reale”.
Queste dichiarazioni avevano suscitato lo sdegno di molti e l’ira di altrettanti. Da una parte, son tuonati, ahinoi, insulti molto feroci verso la Murgia e, dall’altra, strenue difese dell’intelligenza e genialità di Battiato. Ora, ci sono vari motivi per cui entrambe le reazioni sono, fra le altre cose, insensate, ma uno fra tutti è il principale.
Michela Murgia e Chiara Valerio nel video pubblicato su Youtube
Partiamo dall’inizio, cioè dal contesto in cui la Murgia ha pronunciato quelle frasi. Il contesto è quello di una puntata di “Buon vicinato”, un progetto di Michela Murgia e Chiara Valerio, nato durante la quarantena. Quasi ogni giorno, dall’inizio alla fine del lockdown, le due scrittrici e amiche hanno condiviso su Youtube una loro conversazione, un loro dibattito su un tema random. Perché? Per la mancanza del non necessario, aveva spiegato la Murgia. In tempi in cui era lecito fare solo ciò che il governo riteneva che fosse necessario fare, le due scrittrici hanno sentito il bisogno delle cose superflue, casuali, banali e inessenziali, come può essere una chiacchierata al bar con un amico che sfocia in un litigio su un tema totalmente trascurabile.
Così, in ogni incontro virtuale, le due hanno messo in scena uno scontro, una battaglia combattuta con le armi della dialettica su una questione, sostenendo l’una una tesi e l’altra il suo contrario, la sua antitesi. Le due dovevano dunque sviluppare queste due posizioni antitetiche usando, appunto, argomentazioni convincenti per battere l’avversaria. Per decidere chi dovesse sostenere una tesi e chi l’altra, tiravano una moneta. E questo è il punto, cioè l’idea di sviluppare una tesi indipendentemente dalle proprie convinzioni, indipendentemente dal fatto che la si sposi oppure no.
La Murgia e la Valerio stavano praticando, ovviamente con le dovute distinzioni, una modalità di dibattito che affonda le sue radici circa 800 anni fa, un esercizio dialettico tipico delle università medievali del XIII secolo: la disputatio.
Miniatura medievale raffigurante una lezione
Questo esercizio, ritenuto fondamentale nell’insegnamento, funzionava così: anzitutto il maestro, magister, stabiliva una quaestio, il tema della disputa, per esempio “Se gli animali siano dotati di libero arbitrio”. A questo punto uno studente, detto opponens, iniziava a formulare delle obiezioni alle quali rispondeva un altro studente, il respondens, muovendo delle contro-obiezioni. Il tema veniva scandagliato a colpi dialettici e suddiviso pian piano in sotto-problemi. Il secondo momento della disputa era la determinatio a opera del maestro: egli faceva una sorta di riassunto della discussione, in cui erano emersi i vari pro e contro, chiariva la questione e decideva quale fosse il vincitore dello scontro. Infine, la discussione veniva messa per iscritto.
Si trattava di un esercizio di incontro, confronto e scontro che si sosteneva anzitutto sull’ascolto e sulla capacità di comprensione delle tesi dell’altro, un esercizio che potrebbe insegnarci qualcosa ancora oggi, per esempio per la costruzione di un “buon vicinato”.
Giulia Novelli