Le notti bianche

…o era stato forse egli creato
per essere seppure un solo istante
al tuo cuore legato?
I. Turgenev

Concepito come racconto, questo breve romanzo del 1848 di Fëdor Dostoevskij si legge in una notte, in “una di quelle notti che forse esistono solo quando si è giovani”. 
Se dovesse capitare a un giovane insonne e irrequieto di svegliarsi nel buio della propria camera, affamato e logorato da domande sulla felicità e sullo scorrere del tempo, incalzante e fugace, io a questo giovane del ventunesimo secolo consiglierei di assaporare “Le notti bianche”.

Il titolo indica un preciso momento dell’anno (il periodo tra maggio e luglio) quando, nella Russia del Nord, il sole tramonta dopo le 22:00 prendendo il nome di “sole di mezzanotte”. E’ un fenomeno naturale particolare: i raggi solari indugiano sulla linea dell’orizzonte più del previsto, tanto da colorare di rosa i ponti sospesi di San Pietroburgo, le acque della Grande e della Piccola Neva, i campanili tinti di rosso pungono il cielo, quasi sanguinasse.

Il romanzo si svolge nell’arco di quattro notti, in un’atmosfera d’incanto che ben si addice alla stoffa sognante dei protagonisti: lui, ventiseienne, lei, Natenska’, dieci anni di meno. Il protagonista è un sognatore che mai svelerà il suo nome, forse perché atto a impersonare ogni lettore con la sua fantasia e i suoi più ascosi desideri.



Copertina del libro “Le notti bianche” di Fëdor Dostoevskij, ed. Einaudi

Dostoevskij crea un uomo che comunica con noi attraverso le sue memorie, che sceglie di non vedere la realtà, perché troppo cruda, distante anni luce dalle sue visioni immaginifiche. Le ore per lui trascorrono lente, in solitudine, nell’attesa straziante di qualcosa che possa riportarlo in vita, la sua, quella che immagina e a cui anela di continuo. Immerso nei suoi pensieri per le vie di Pietroburgo, egli si lascia abbracciare completamente dalla città, che diventa sua musa e amica, soprattutto nel periodo estivo, quando tutti vanno in campagna, quando le strade si svuotano di corpi e si riempiono di ricordi. E così facciamo anche noi che leggiamo, immersi a nostra volta in una realtà che non ci appartiene (o forse sì?). Galleggiamo su ricordi altrui, che scopriamo nostri, su parole in continuo divenire, ma entro un’unica prospettiva, quella del sogno.

L’inizio dell’illusione avviene d’improvviso: “da una parte, appoggiata al parapetto del canale, c’era una donna, che coi gomiti sull’inferriata sembrava guardare attentamente l’acqua torbida. Aveva un grazioso cappellino giallo ed una mantiglia nera…” 
Natenska’ è sensibile, bella e intelligente. Una donna gentile, come la intendono gli stilnovisti, che ispira il sognatore alla vita e fa uscire l’uomo audace da un cuore dove regna la timidezza e la paura. Nel sognatore la ragazza trova un confidente e una speranza di felicità. Anch’ella sta aspettando qualcuno, l’inquilino che viveva con lei, che dopo averla sedotta con letture di Walter Scott, decise di partire per fare fortuna promettendole di tornare. 

La trama, semplice ma densa di significato, si intreccia tra realtà e illusione attorno al tema principale dell’amore. 
La narrazione, quasi lirica, ispirerà Luchino Visconti, che nel 1957 ne farà un film. L’ambientazione che il regista sceglie è Livorno, preferendo l’Italia alla fredda Russia. San Pietroburgo, conosciuta come la Venezia del Nord, è troppo distante e così anch’egli si discosta dalla tradizione che conferiva alla città il primato di essere la più misteriosa e la più sfuggente.

Il romanzo racconta l’illusione dell’amore, il suo trionfo anche quando pare aver fallito. Poi il sognatore ci lascia, tornerà nella sua sfera, protetto dalla sua fantasia. 



Frame tratto dal film “Le notti bianche” di Luchino Visconti (1957)

Wislawa Szymborska, poetessa polacca, compose una raccolta intitolata “Elogio dei sogni”, in cui scrive:

Un amore felice. E’ normale?
E’ serio? E’ utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri che non vedono il mondo?
[…]
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
[…]
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.

Quale amore il sognatore di Dostoevskij abbia incontrato, questo spetta al lettore giudicarlo. Ma che sia felice o che non lo sia, è pur sempre amore, no? 

Alessandra Busacca

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