L’invenzione della moka

Anche questa volta il protagonista del nostro articolo è un piemontese vissuto tra Ottocento e Novecento. E anche in questo caso si tratta di una persona speciale.
L’eroe dell’articolo di oggi non è però uno sportivo, ma un inventore. È nato a Montebuglio, frazione Casale Corte Cerro nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, nel 1888, in piena rivoluzione industriale. Stiamo parlando di Alfonso Bialetti, l’inventore della moka.
Certo, forse la sua invenzione non ha rivoluzionato le nostre vite come l’automobile, il telefono, la radio, la sostituzione dell’acciaio col ferro, il frigorifero, la cinematografia, l’aereo, la scoperta del bacillo della tubercolosi, della radioattività, del neurone, ma ha comunque rivoluzionato il nostro modo di consumare il caffè.
Per capirlo meglio facciamo un piccolo passo indietro, partendo, come sempre, dalle parole. Il nome moka deriva dalla città yemenita di Moca (arabo Mokkā). Pare infatti che proprio nello Yemen, al sud della penisola arabica, sia stata introdotta la bevanda del caffè, nello specifico da un monaco alla fine del 1300, col fine di prolungare le ore di veglia destinate alla preghiera. Il caffè, si sa, è una bevanda eccitante e il suo nome racchiude questa sua qualità peculiare: “caffè” viene infatti dal turco kahve, che ha origine a sua volta dall’arabo qahwa (“vino; bevanda eccitante”).

Tuttavia, fu solo qualche tempo dopo, tra i secoli XVI e XVII, che il caffè arrivò anche in Occidente, attraverso il commercio marittimo dei mercanti veneziani. Fu proprio a Venezia che nel 1640 aprì il primo locale adibito alla consumazione del caffè. Ma è stato grazie alla moka Bialetti che bere caffè divenne un’abitudine nelle case delle persone. Torniamo così alla storia più recente della moka.
Dopo alcuni anni di apprendistato in Francia, nel 1919 il signor Bialetti apre a Crusinallo (Verbania) un’officina che si dedicava alla produzione di semilavorati in alluminio, la “Alfonso Bialetti & C”. Fonderia in Conchiglia, che si trasformerà poi in azienda per la produzione di prodotti finiti.

Nel 1933 finalmente l’azienda inventa la Moka express, la famosa moka in alluminio dalla pianta ottagonale in stile Art Deco’.

Moka express Bialetti

Questa caffettiera, rimasta pressoché invariata da allora, è composta essenzialmente da tre parti: la caldaia, il filtro e il raccoglitore in alluminio. 

La svolta della Bialetti avvenne tuttavia nel dopoguerra, quando il figlio di Alfonso, Renato Bialetti, scampato da un campo di concentramento nazista, da un lato creò una potente immagine del brand che diventò iconica, cioè l’omino coi baffi, raffigurante proprio suo padre, disegnato dall’amico fumettista Paul Campani; dall’altro, portando la moka alla Fiera di Milano, la presentò al grande pubblico favorendone la notorietà.

L’omino coi baffi della Bialetti disegnato da Paul Campani

Inoltre, Renato Bialetti, morto peraltro pochi anni fa, nel 2016, investì molto nella pubblicità e l’omino coi baffi divenne uno sketch memorabile del programma televisivo “Il Carosello”. In quanto alla produzione, dopo il secondo dopoguerra l’azienda arrivò a produrre 18000 caffettiere al giorno, per un totale di 4 milioni l’anno.

Negli anni Settanta l’azienda andò incontro a una fase di crisi dovuta alla nascita di una concorrenza più economica. Bialetti iniziò quindi a diversificare la sua produzione ampliando la sua offerta e ancora oggi sta mostrando di rivolgere grande attenzione ai cambiamenti tecnologici, riuscendo quindi a innovarsi pur preservando la sua anima più che centenaria.

Giulia Novelli

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