Mens sana in corpore sano

L’inverno sta iniziando a farsi sentire. Soprattutto nelle ossa dove s’insinua pungente e menefreghista. E l’anno sta per volgere al termine. Ebbene, se vi dicessi che esiste un’oasi termale nel cuore della Val d’Orcia completamente naturale e perfetta per ritemprare le nostre membra? Il colore bianco dovuto alla formazione calcarea fa in modo che le cascate sembrino quasi delle enormi statue di sale. Sto parlando dei bagni San Filippo, utilizzati addirittura dagli Etruschi.



Ph. Alessandra Busacca, Bagni San Filippo

Le terme, infatti, non sono certo un’invenzione dei giorni nostri. Come testimoniano le fonti archeologiche e letterarie, ne esistevano ovunque già al tempo degli antichi romani che ne facevano ampio uso. Parte integrante delle abitudini e dei costumi della società, la pratica termale era una questione igienica e terapeutica, oltre che quasi civile: un luogo in cui poter conversare tranquillamente di arte o politica, un ambiente informale dove creare nuovi sodalizi. Una cura del corpo e della mente, come cita una nota locuzione latina del poeta satirico Giovenale: Mens sana in corpore sano

Aperti dal mattino al tramonto, i bagni termali nell’antichità erano veri e propri edifici pubblici a ingresso gratuito (così pare). Uomini, donne, persone abbienti o povere potevano accedervi, sebbene vi fossero suddivisioni in edifici diversi e sebbene al tempo vigesse ancora la disumana pratica dello schiavismo sulle cui spalle, infatti, pesava tutto il funzionamento della struttura termale, che richiedeva una numerosa schiera di manodopera nei locali sotterranei, addetta al rifornimento della legna da ardere e alla regolazione del fuoco per scaldare l’acqua, laddove si dovesse farlo artificialmente.

Indagandone le origini, si può subito constatare un fatto interessante: i luoghi scelti per la costruzione di strutture termali erano sempre in prossimità di sorgenti termali naturali. L’acqua può essere sia fredda, sia calda e può avvicinarsi anche a temperature elevate, addirittura 100 gradi centigradi.

Solitamente per le civiltà antiche, soprattutto quella ellenica, l’acqua costituiva un elemento sacro, perché utilizzata in diversi rituali religiosi oltre che come vera e propria medicina, come indica lo stesso Ippocrate, il primo vero dottore della storia.

Etimologicamente, il nome “terme” deriva dal latino thermae (al plurale) a sua volta derivato dal greco ϑερμαί (πηγαί) cioè «(sorgenti) calde». Il termine più comunemente utilizzato invece oggi per indicare le terme è la parola “Spa”, in riferimento alla cittadina belga omonima, Spa appunto, famosa per le sue sorgenti minerali. L’etimologia che vedrebbe la parola “Spa” come acronimo derivato dal latino Salus per aquam sembrerebbe invece un caso di etimologia popolare, quindi un retroacronimo creato ad hoc per affrancarsi dai diritti sul marchio detenuti dall’omonima città belga.

Nell’antica Roma, su ispirazione del ginnasio greco e del bagno a vapore egizio, specie nell’età repubblicana e imperiale, si diffusero edifici termali concepiti in forme quasi monumentali, che sfruttavano l’arte raffinata, tutta romana e molto all’avanguardia per i tempi, di incanalare le vie idrauliche. Erano anche dotati di palestre, piscine (chiamate natationes, vasche utilizzate per nuotare), sale ricreative con biblioteche, piccoli teatri, giardini e un luogo di ristoro detto thermopolium, dove si servivano bevande e cibi caldi.



Ph. Mario Klassen, Terme romane di Bath (Inghilterra)
[fonte: Unsplash]

In base alle fonti possiamo risalire alla struttura classica delle terme, solitamente costellata da mosaici colorati, che seguiva un percorso ben preciso. Il primo ambiente era il vestibolo, (apodyterium) usato spesso come spogliatoio, da cui si passava al frigidarium, dove ci si immergeva in acqua fredda per suscitare nel corpo una reazione tonificante (le moderne saune finlandesi), o viceversa nel calidarium, una sala riscaldata con un pavimento a ipocausto. Il tepidarium era invece un ambiente a temperatura media costante, che serviva a evitare il cambiamento troppo brusco di temperatura; altre sale, in pieno sole, erano quelle per i bagni di sudore (laconica). Tra le terme più note ci sono quelle di Traiano, Caracalla, Diocleziano e le leggendarie terme di Pompei.  

L’acqua, oltre a essere ricca di minerali, era arricchita dall’aggiunta di unguenti come argilla, olii, spezie e profumi, alla moda egizia. Sappiamo per esempio che Cleopatra fosse solita immergersi in vasche da bagno colme di latte d’asina e petali di fiori.

Con la fine dell’Impero romano anche la pratica delle terme cadde in disuso fino a scomparire. Le città dell’Europa medievale e moderna non conobbero nulla di simile e in generale le condizioni igieniche dei loro abitanti erano molto inferiori rispetto a quelle dell’epoca termale. Sopravvissero però continuativamente in altre aree geografiche e culture: l’ḥammām (in arabo حمّام‎), che viene anche chiamato “bagno turco”, sempre pubblico, è uno degli elementi fondamentali delle città e della società musulmana per rispondere al bisogno rituale di purificazione. 

In generale, in tutte le culture, il rituale e il fascino del bagno hanno origini antichissime: ne troviamo un esplicito riferimento all’interno della raccolta di novelle mediorientali “Le mille e una notte”.  Sherazade, principessa dall’aria conturbante e dalla fantasia sopraffina, era solita trascorrere le notti raccontando favole passionali a un sovrano dal cuore di pietra. E sono proprio le sue parole a precisare che “Una città non è completa se non ha il suo hammam“.

Alessandra Busacca

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