O entrambi? Netflix è un colosso, una delle prime società al mondo per distribuzione di film online e serie tv, e va forte anche sui social networks, specialmente su Tik Tok e Instagram, dove appaiono quotidianamente contenuti dal copy spiritoso e accattivante.
Il fondatore di Netflix, Reed Hastings, nel 1997, aveva previsto che avrebbe guadagnato scambiando DVD inviati per posta e in seguito, visto il successo, scelse di aggiungere al servizio anche una piattaforma online che offriva agli abbonati la possibilità di guardare il film anche in streaming tutte le volte che lo avessero desiderato, senza aspettare l’arrivo del prodotto. Dimezzare le attese, soddisfare i consumatori nel minor tempo possibile, questo è stato l’elemento di svolta, soprattutto perché era un’offerta a un prezzo molto accessibile.
E benvenuto “binge watching”!
Parliamo di quel fenomeno di bruciante desiderio che ci spinge a cliccare sull’episodio successivo, senza dover più contare i giorni.
Su Netflix, infatti, dai 7,99 ai 15,99 euro mensili, le serie tv escono a puntate, ma queste ultime sono sponsorizzate tutte in una volta sola, e il pubblico, come se fosse sempre in una sala da cinema, può godersi lunghi e interminabili film privi di qualsiasi interruzione dovuta a palinsesti settimanali. Certo, così facendo la suspense pare annientata, o meglio, si sposta velocemente da un prodotto a un altro e la sfida si trasforma ben presto in “quante serie tv per intero riuscirò a vedere in una sola settimana?”.
Schermata di Netflix nella modalità desktop
Ma di fronte a un big deal come questo non possiamo fare a meno di chiederci: che cosa è successo al predecessore di Netflix, quel giallo-blu Blockbuster che vendeva gustosissimi popcorn al caramello salato insieme a film e videogiochi? Uno strano incrocio di destini. Nel 2000 Netflix si offrì per 50 milioni di dollari a Blockbuster, che rifiutò…fallendo poi nel 2013 e sancendo la fine di un’epoca, quella del noleggio “fisico” di prodotti cinematografici. Oggi, a testimonianza della sua esistenza, che tutti sembrano ormai aver dimenticato, rimane un solo Blockbuster superstite, in una cittadina sperduta dell’Oregon. I proprietari però non sono gli stessi, ma vendono ancora dvd, caramelle gommose e scoppiettante mais, proprio come prima.
E veniamo a MUBI, impresa meno popolare, che sfrutta lo stesso principio di Netflix. Su abbonamento film on demand a tutte le ore.
Schermata di MUBI nella modalità desktop
Sta crescendo lentamente, ma è più giovane (fondato solo nel 2010) e si è ritagliato una fetta importante tra gli intenditori e gli appassionati del cinema d’autore, presentando titoli inediti e un’offerta di nicchia, cinema d’essai, i programmi dei festival, i fuori concorso…e poi uno spazio di discussione tra nerd cinefili. Ci piace. E anche molto.
Leggenda vuole che l’idea venne a Efe Çakarel, un giovane di origine turca, che in un bar di Tokyo, sconfortato dall’impossibilità di vedere “In the Mood for Love” di Wong Kar-wai sul proprio laptop, decise di dare vita a The Auteurs, embrione di MUBI e promosso dalle finanze del molto evocativo Celluloid Dreams.
La differenza maggiore con Netflix è che ogni giorno MUBI snellisce la sua offerta da 30 film a 29 e poi ne aggiunge uno nuovo: il cinema dà, il cinema toglie. Questo sistema mantiene una stabilità e consente all’utente di non disperdersi in un mare magnum di titoli.
Alzi la mano chi ci mette più a scegliere il film che a guardarlo.
Alessandra Busacca