Immagina di passeggiare in un parco e di scorgere da lontano uno stagno. Sulla superficie dello stagno noti degli schizzi e qualcosa che si agita. Ti avvicini e ti accorgi che si tratta di un bambino che sta affogando. Ti guardi attorno per vedere se c’è un genitore o una tata, ma no, ci sei solo tu e il bambino che lotta freneticamente per non andare giù.
Pensi allora di gettarti nello stagno, che per te non è profondo e quindi non comporta alcun rischio, e salvare il piccolo. Subito dopo ti viene in mente che indossi un paio di scarpe molto costose e che, se salvassi il bambino, dovresti spendere un sacco di soldi per comprartene un paio nuovo. Allora decidi di far finta di non aver visto niente e di andare via.
Peter Singer, professore di bioetica all’Università di Princeton, considerato uno dei filosofi più influenti del nostro tempo, propone questo esperimento mentale, per mostrare che, sebbene la maggior parte delle persone considererebbe questa scelta sbagliata e tremenda, in realtà, preferire un vestito nuovo o una cena fuori alla vita di un bambino è esattamente ciò che facciamo ogni giorno.
in “Philosophy & Public Affairs” (1972)
Il filosofo ricorda che ogni giorno muoiono migliaia di bambini (nel 2018, secondo Unicef, è morto un bambino ogni 5 secondi per un totale di 6,2 milioni in un anno, un grande miglioramento (!) rispetto ai decenni precedenti) per cause prevenibili collegate all’estrema povertà, come la malaria o la diarrea.
Singer si chiede, sfidando il lettore, se moralmente ci sia differenza tra il bambino dello stagno e un bambino che non sta davanti a noi, e tra il fatto di essere il solo a poter salvare una vita o essere uno dei molti. Dal punto di vista morale la risposta è no. Queste sono due implicazioni del principio etico di Singer, espresso nel famoso articolo del 1972 “Famine, Affluence and Morality”:
If it is in our power to prevent something bad from happening, without thereby sacrificing anything of comparable moral importance, we ought, morally to do it.
C’è dunque un modo per salvare delle vite, per ridurre la mortalità infantile? Singer risponde esplorando il mondo delle charities che si ispirano ai principi dell’altruismo efficace (Effective Altruism), una corrente filosofica di cui lui è uno dei maggiori rappresentanti, che pone come matrice della filantropia non (solo) l’emozione ma il calcolo ragionato, vale a dire una valutazione scientifica dell’efficacia dell’organizzazione benefica a cui si dona. C’è un’organizzazione no profit, GiveWell, che analizza questa efficacia e aiuta a scegliere dove e come donare meglio.
Un principio dell’altruismo efficace è quello di donare in beneficenza almeno il 10% del proprio stipendio mensile ed è interessante in questo senso l’esperienza di Toby Ord, un filosofo del Balliol College (Oxford), che, ispirato dalle idee di Singer, ha dato vita al progetto Giving what we can. Si tratta “una comunità di altruisti efficaci” che donano parte del loro profitto seguendo i criteri dell’altruismo efficace.
Sul sito della comunità, oltre ai consigli su come e dove donare, appare la domanda “How rich are you?”: lì, inserendo il nostro stipendio, il paese in cui viviamo e quante persone abbiamo a carico, appare un grafico che ci mostra in percentuale quanto siamo ricchi, ma soprattutto quanti medicinali contro i parassiti gastrointestinali e quante zanzariere per prevenire le infezioni di malaria potremmo comprare e quindi quanti anni di vita potremmo salvare ogni anno donando un decimo di ciò che abbiamo. Vale la pena sapere che ci sono organizzazioni no profit che si occupano di cercare e valutare i modi più efficaci per aiutare gli animali, come la Animal Charity Evaluators.
Insomma, l’altruismo efficace promuove un cambiamento culturale dimostrando che ognuno di noi, pur non essendo un multimilionario (tra l’altro tra i maggiori filantropi efficaci ci sono Bill e Melinda Gates che hanno fondato la Bill & Melinda Gates Foundation), attraverso una donazione accorta e studiata, può avere un impatto realmente benefico sulla vita e sulla sofferenza altrui.
Giulia Novelli