“Questa è l’America” di Francesco Costa: gli Stati Uniti oltre gli stereotipi

“Questa è l’America” (Mondadori, 2020) è il primo libro di Francesco Costa, giornalista e vicedirettore del Post. Il titolo a prima vista potrebbe far presupporre un peccato di presunzione da parte dell’autore. Ci si potrebbe chiedere, infatti, come sia possibile descrivere e fotografare un Paese così grande e complesso come gli Stati Uniti d’America in un solo libro. Tranquilli, non è ovviamente questo l’obiettivo del libro. Costa, infatti, con modestia, umiltà e soprattutto competenza prende per mano il lettore e lo conduce in un viaggio tra la cultura, la società e la politica statunitense. Questo libro, che è una commistione tra un reportage e un saggio, s’inserisce in un vuoto, nasce cioè dall’esigenza di colmare il divario che c’è tra quello che pensiamo di sapere degli Stati Uniti e ciò che gli Stati Uniti sono realmente. È curioso, infatti, che, sebbene sia uno degli Stati che influisce maggiormente sulla cultura e sull’economia europea, la nostra ignoranza in merito sia piuttosto consistente.

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Copertina del libro “Questa è l’America” di Francesco Costa,
ed. Mondadori (2020)

Spesso, infatti, la nostra immagine mentale degli USA è costruita su stereotipi e luoghi comuni; altrettanto spesso le nostre opinioni sono un insieme di false credenze e di frasi ripetute e abusate con le quali non saremmo in grado di costruire un’argomentazione strutturata.

Quante volte abbiamo sentito dire, o abbiamo detto, frasi come “gli Americani sono pazzi” parlando del loro rapporto con le armi o, in merito alla sanità, “se non hai un’assicurazione ti lasciano morire per strada”? Ecco, Francesco Costa si addentra in questi argomenti fondamentali, come anche ad esempio quello del “razzismo sistematico”, e, osservandoli in filigrana, ci restituisce la misura della complessità delle cose: attraverso storie, numeri, dati, interpretazioni, analisi e studi ci fa intravedere le contraddizioni e i problemi degli USA.

Inoltre, la struttura della narrazione è, a nostro avviso, avvincente. Molti tra gli otto capitoli attraverso cui il libro è scandito prendono le mosse da una storia particolare per poi arrivare a descrivere un fenomeno generale. Il racconto comincia dalla descrizione di una storia reale, un fatto di cronaca a volte scioccante, altre volte a prima vista banale, come quando ci narra di una signora che vedendo delle ragazzine con addosso una maglietta di Trump si infervora, fa una bella sfuriata e sbotta contro di loro. Il giornalista, analizzando minuziosamente la vicenda, piano piano ci conduce al cuore del problema cioè, in questo caso, il fatto che ciò si sia verificato a Houston, in Texas, uno stato immenso, con oltre 700 aeroporti, 2 fusi orari, al confine col Messico e, soprattutto, uno stato di tradizione repubblicana. Costa fa uso di questo piccola vicenda per parlare de “L’America nuova”, per spiegarci cioè le nuove tendenze degli USA, come si sta trasformando uno stato come il Texas, “il vero centro di gravità della politica americana; è un luogo che più volte ha percorso tendenze e fenomeni che poi sono arrivati altrove”.

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Cartina politica degli USA

Un’altra vicenda raccontata molto bene è il tragico e penoso caso di Flint, la città del Michigan che nel 2014 distribuì ai suoi cittadini acqua tossica prelevandola dal fiume vicino e causando danni gravissimi alla salute delle persone. Costa descrive abilmente l’auge e il declino del Michigan, che dall’inizio del Novecento sino agli anni Settanta è stata la culla mondiale della neonata industria automobilistica: Oldsmobile, Dodge, Cadillac, Lincoln, Ford, Chrysler nacquero tutte lì. Questo Stato aveva un’industria che stava cambiando il mondo. A partire dagli anni Settanta però l’industria pesante del Midwest andò incontro a un forte declino, General Motors chiuse tantissime fabbriche e Flint:

“si trovò improvvisamente svuotata del suo cuore, e precipitò in una crisi vertiginosa quanto era stato il suo sviluppo. […] La città che una volta aveva il reddito mediano più alto del mondo diventò la seconda più povera degli Stati Uniti, con il 41 per cento dei cittadini al di sotto della soglia di povertà. Le famiglie e i legami sociali si disgregarono. La criminalità aumentò così tanto che Flint oggi è una delle città più pericolose degli Stati Uniti, e l’unico business che ha davvero prosperato in questi anni è la costruzione di prigioni”.

Già solo da questi due esempi, s’intuisce la bravura del giornalista nel riuscire a fornirci, con estrema semplicità, le coordinate essenziali per orientarci nella realtà degli Stati Uniti, evidenziando i problemi e le contraddizioni maggiori, e fornendoci così un ritratto vivido degli Stati più interessanti.

Giulia Novelli

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