“Alcuni dei miei lavori sono, o cercano di essere femministi, e altri non lo sono” dichiara Louise Bourgeois, artista francese intervistata al San Francisco Museum of Modern Art.
MoMA
Louise nasce a Parigi nel 1911 ma alla fine degli anni ’30 si trasferisce a New York, dove vive con il marito. Sono anni in cui in America il femminismo sta già mettendo radici diventando presto la più dilagante e radicale delle tante emergenze pluraliste degli anni Settanta. Come non farsi coinvolgere? Louise ne respira l’aria, ne assapora le divergenze e ne comprende, inconsapevolmente prima, e in maniera sempre più profonda dopo, le sfaccettature politiche.
Purtroppo i critici dell’arte tradussero spesso in maniera controproducente i movimenti femministi, cercando di unificarli in un unicum. Tutto ciò che in passato era stato considerato marginale, e poco degno d’interesse estetico, diventava d’improvviso fonte di studio e attenzione ed era definito “femminista”. Se da un lato ne moltiplicava positivamente la diffusione, dall’altro la critica ne banalizzava e ne perdeva di vista l’obiettivo, che era quello di esprimere, oltre a quello individuale, anche e soprattutto la visione collettiva e politica, quella della lotta contro il patriarcato.
Ma le gallerie, i musei, gli studiosi sembrava che non volessero realmente capire il perché di uno stile, o di un sentire, ma soltanto venderlo il più possibile, omologandolo ed etichettandolo.
Forse è per questo che Bourgeois sembrava diffidente nei confronti del movimento femminista spesso alleato di quello stesso patriarcato che cercava di combattere. Negli United States, lei era Louise Bourgeois e la sua arte, solo sua.
Negli anni Novanta però, l’artista lasciò letteralmente il segno. Iniziò la sua fase artistica definita “il periodo del ragno”. Nel 1999 creò “Maman” il primo di una serie di aracnidi, alto 10 metri. Queste creature sottili con le loro sacche di uova, realizzate in acciaio, marmo e bronzo, si ergevano come omaggi a sua madre, Josephine.
Ricordo ancora quando ne vidi uno. Restai immobile, sotto la pancia del ragno per almeno quindici minuti, passai attraverso le zampe e cercai un punto prospettico in cui avrei potuto vedere l’opera in tutta la sua interezza. Non ci riuscii. Questo fallimento mi fece realizzare ancora di più di essere davanti a un capolavoro, di essere davanti alla personificazione del femminismo stesso.
Come mai proprio il ragno? “Il ragno è un’ode a mia madre. Lei era la mia migliore amica- Come un ragno, mia madre era una tessitrice…i ragni sono utili e protettivi, proprio come mia madre”.
Terrificante e rassicurante, impenetrabile ma protettivo. Queste contraddizioni erano il metodo scelto da Bourgeois per rompere con il binarismo di genere e decostruire il patriarcato. “Provo un piacere incredibile a fare tutto a pezzi” aveva detto una volta.
Ph. Anna Sophie Icard, Maman
Ebbene, che le piaccia o meno, questa è a mio parere, la più alta forma di “female gaze”, la consapevolezza femminista “che sa di essere”, capace di creare, ma anche di distruggere, che è due, non uno, e sceglie di esprimere il proprio sentire attraverso l’arte, attraverso l’archetipo della “madre” e non del padre, della tessitura e della casa, generando così un riscatto di quella visione che per secoli è stata soffocata o relegata alla sfera del passivo.
No, la sua arte non è passiva, è attiva perché attinge dalla psicanalisi e racconta una realtà condivisibile, sfondando le barriere tra pubblico e privato, e porta in scena una lotta, disegna e dipinge, e scolpisce nella memoria.
“Mi chiamo Louise Joséphine Bourgeois. Sono nata il 24 dicembre a Parigi. Tutto il mio lavoro degli ultimi cinquant’anni, tutti i miei soggetti hanno tratto ispirazione dalla mia infanzia. La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma.”
Ritratti di Louise Bourgeois scattati da Robert Mapplethorpe nel 1982
Alessandra Busacca
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