Settembre è sempre stato uno dei miei mesi preferiti.
Una freschezza nuova bussa alle sue porte e, reduci dal riposo estivo, noi malinconici aspettiamo con ansia che madre natura allestisca il nostro set preferito con i suoi colori autunnali. Settembre è sempre stato una pagina bianca, un mese in cui riscriversi, dove, insieme alle foglie, cadono gli sbagli dell’anno precedente e si riparte da capo. Amavo questo mese anche da bambina, quando puntualmente i nuovi inizi avevano l’odore delle matite e dei diari nuovi.
Sarà anche per questo motivo che, ancora oggi che non vado più a scuola, l’aria di settembre porta con sé, oltre a un odore di novità e freschezza, anche un qualcos’altro che non saprei come definire, se non come un certo…spirito adolescenziale.
O forse, più verosimilmente, perché, in quanto fan dei Nirvana, non riesco mai a dimenticare che proprio il 10 settembre del 1991 veniva pubblicato “Smells like teen spirit”, il singolo di apertura dell’album Nevermind diventato una leggenda.
Una leggenda, la cui storia è ancora più affascinante, perché scritta dal narratore più imprevedibile: il caso. Infatti, tutti gli avvenimenti che gravitano attorno a questo brano e che lo hanno portato a occupare la sesta posizione della classifica “Billboard Hot 100”, sono sospinti dal caso: la storia, la fama e perfino il videoclip.
Cominciamo dalla storia.
È il 1990. Kurt Cobain si divide una bottiglia di Canadian Club Whisky con Kathleen Hanna, la voce delle Bikini Kill, gruppo femminista alternative rock attivo per tutti gli anni ’90.
Le Bikini Kill
Accesi dall’alcol, da discorsi sul punk e sulla necessità per i loro coetanei di uscire da una coltre di apatia anestetizzante, i due si trovano ad imbrattare con la bomboletta spray i muri di una presunta clinica abortiva per adolescenti nei pressi di Olympia. La clinica in questione è, in realtà, un centro pro-vita, che invece di praticare aborti, incoraggia le ragazze a tenere i loro bambini, pena le fiamme dell’inferno.
Con l’intento di smascherare il vero volto della clinica, Kurt fa da palo, mentre Hanna scrive sui muri del centro: “Fake abortion, everyone”. Conclusa la missione “di pubblico servizio” (così la definirà in seguito) e recatisi nell’appartamento di Kurt, Kathleen continua la sua opera di vandalismo sui muri della camera dell’amico, ignara di lasciare un’impronta indelebile nella storia della musica. Prende la bomboletta spray e scrive: “Kurt smells like teen spirit”. Cobain ne resta stregato.
Pensa che la frase abbia a che fare con i loro discorsi sulla ribellione giovanile e che Hanna si stia riferendo a lui come al portatore di uno spirito rivoluzionario, che possa risvegliare i giovani dal loro sonno apatico.
“Lo presi come un complimento”, dirà Kurt.
Peccato che il graffito sia ben lontano dall’avere un significato trascendente: ciò che Hanna intende dire è che Kurt odora del deodorante firmato “Teen spirit”, usato dalla batterista delle Bikini Kill, Tobi Vail, allora fidanzata di Cobain.
Ignaro del vero significato della frase, il frontman si mette a scrivere un pezzo intitolato “Smells like teen spirit”, venendo a conoscenza, solo mesi dopo averlo composto, dell’esistenza di un brand omonimo. L’intento di Cobain è quello di scrivere “la canzone pop definitiva” e per realizzarlo si ispira ai Pixies, suo gruppo adorato.
“In pratica stavo cercando di plagiare i Pixies. Lo devo ammettere. Mi sentivo così fortemente in armonia con quella band, – rivela Kurt durante un’intervista rilasciata per Rolling Stone – abbiamo usato il loro senso della dinamica, iniziando piano e in modo soft, per poi esplodere in qualcosa di più forte e duro.”
Entusiasta, e non sapendo di avere per musa un deodorante, Kurt presenta il riff e il coro della canzone agli altri due membri della band, Dave Grohl e Krist Novoselic. Quando quest’ultimo liquida il pezzo, definendolo ridicolo, Cobain li convince a provarlo per un’ora mezza, finchè anche Novoselic non ne capisce e incoraggia il potenziale: “Aspetta un attimo. Perché non proviamo a rallentare un po’ il ritmo?”. Così inizia a suonare il basso, accompagnato da Grohl alla batteria e “Smells like teen spirit” diventa, in questo modo, l’unico brano dell’album Nevermind a portare la firma di tutti e tre i componenti della band.
Ultima formazione dei Nirvana, composta, da sinistra,
da Kurt Cobain, Krist Novoselic e Dave Grohl
Nessuno di loro immagina ciò che accadrà in seguito.
Oltre ad aggiudicarsi i primi posti nelle classifiche dei singoli ed essere eletto vincitore nelle categorie “Best New Artist” e “Best Alternative Group” agli MTV Video Music Awards del 1992, il brano diventa l’inno della cosiddetta generazione X e il manifesto della musica grunge.
Di difficile definizione, il termine “grunge” designa un genere di musica rock (più in particolare alternative rock) prodotto principalmente nella città di Seattle, dalla seconda metà degli anni ’80. Nonostante la difficoltà a tracciarne confini netti per via della mancanza di unità stilistica tra i diversi gruppi che ne fanno parte, esistono delle caratteristiche comuni all’interno del genere grunge: un’impronta hard-punk rock, il ricorso a pochi e semplici strumenti come basso, chitarra e batteria, la predilezione per i suoni distorti e rumorosi. Altra caratteristica ascrivibile al genere grunge è l’intento di protesta della musica, vista come uno strumento di sovversione dell’ordine politico e culturale del momento.
Nonostante ne abbiano creato un manifesto e abbiano contribuito a rendere commerciale l’alternative punk, i Nirvana non sono il primo e principale gruppo grunge.
Perché, allora, sono proprio loro a diventarne divulgatori?
Probabilmente perché “Smells like teen spirit” porta in scena il grunge, addolcendo il suono dei freni ruvidi del rock con tratti decisamente più melodici a quelli dei predecessori, quali i Green River o i Melvins.
I Nirvana sono, quindi, solo i portavoce involontari di un movimento a loro coevo.
Prendendo in prestito le parole da Charles Peterson, fotografo ufficiale della band dal 1989, si può affermare che “la più grande eredità dei Nirvana è stata quella di aver portato overground l’underground”.
Una fama travolgente e difficile da gestire, quella successiva all’uscita del brano, descritta da Dave Grohl come una tempesta da cui è meglio correre ai ripari: “Quando i Nirvana sono diventati famosi, potevi facilmente scivolare e perderti in mezzo a quella tempesta. Fortunatamente avevo delle ancore molto pesanti: vecchi amici, una famiglia.”
Un successo, inoltre, non compreso fino in fondo anche dagli stessi membri della band: “Se penso che sia il più grande singolo di tutti i tempi? Certo che no! Non penso nemmeno sia il più grande singolo dei Nirvana”, commenta Grohl, il quale aggiunge “Sicuro, anche Kurt voleva che fossimo la più grande band del mondo, ma non sono certo volesse il bagaglio che ciò ha comportato. Sono sicuro non lo avesse neanche realizzato, del resto nessuno lo aveva realizzato, nemmeno io.”
Una fama planetaria frutto del caso. Caso che, come si diceva, si fa promotore anche del successo del video, nominato dal Guinness dei primati del 2000 il video più mandato in onda da MTV Europe.
Il regista è Samuel Bayer, consapevole di essere stato assunto grazie alle sue pessime riprese di prova, così scadenti che ben si prestano, secondo i Nirvana, a interpretare le velleità punk del brano.
All’inizio del video la camera procede lentamente, svelando la band intenta a esibirsi di fronte a un gruppo di studenti impassibili, disposti sulle gradinate di una palestra di un liceo americano. A separare la band dal pubblico, ci sono un gruppo di insolite cheerleader vestite di nero, con il simbolo anarchico della A cerchiata sulla maglietta.
Con l’avanzare della musica, l’impassibilità dei ragazzi sugli spalti lascia il posto alla confusione e al pogo, fino alla distruzione del set da parte delle comparse, con Cobain che sfascia la sua Fender Mustang.
Caso vuole che la demolizione del palco a opera delle comparse non faccia parte del copione. Si tratta, bensì, di una reazione spontanea dei ragazzi nel ruolo di spettatori, stanchi del pomeriggio di riprese trascorso senza potersi alzare. Le comparse, quindi, hanno (ancora una volta per caso e involontariamente) interpretato il significato all’origine del brano, come risvegliate dallo spirito di ribellione a cui pensava Kurt quando ha iniziato a comporre la canzone.
Infine, un fatto inusuale riguarda il montaggio del video.
Insoddisfatto del lavoro di Bayer, Kurt riassembla personalmente le scene, inserendo dei frame del suo volto in primo piano nella parte finale. Evento, quest’ultimo, del tutto anomalo visto che, come afferma il regista, Cobain, a differenza di molti artisti con cui ha avuto a che fare, non è per niente egocentrico e non si preoccupa affatto della sua immagine. Caratteristica confermata anche da Peterson, che parlando di Kurt lo descrive come “una persona dolce, tranquilla e timida. Difficile da conoscere”, che si libera della sua riservatezza solo quando sale sul palco.
Per queste ragioni Bayer affermerà che “il video”, tra l’assalto spontaneo al palco e i primi piani di Kurt, “possedeva qualcosa di ciò che i Nirvana erano veramente”.
Primo piano di Kurt Cobain in un frame tratto dal videoclip
Ed è proprio la genuinità uno dei tratti distintivi e inconfondibili della band.
Quando Kurt canta, c’è qualcosa di realmente autentico nella sua voce, che si scompone e fa quasi fatica a restare in piedi; c’è qualcosa di solidamente vero e magnetico nel modo in cui la sua voce va giù – “how low, how low”- nel modo in cui va a fondo.
D’altronde qualcosa di reale doveva di certo esserci, se oggi, dopo 29 anni dalla pubblicazione di “Smells like teen spirit”, nell’aria del mio settembre soffia ancora un vento fresco, sempre nuovo, che porta con sé l’odore silvestre e inconfondibile di un certo spirito adolescenziale.
E chissà… Forse, da oggi in poi, anche il vostro settembre avrà lo stesso odore.
Maria Marcellino
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