Simbolici fossili: un’indagine nel mondo del simbolo a partire da alcuni detriti linguistici

Prima del sorgere della Scienza e della Ragione nella sua accezione più materialistica, varie discipline che oggi sono divise formavano un tutt’uno coeso, ricco di rimandi simbolici e corrispondenze fra i vari campi, seguendo un’attitudine tipica dell’uomo medievale, ma sopravvissuta ben oltre, nel Rinascimento e sino agli albori del metodo scientifico[1]. Così l’astrologia, la medicina, la psicologia e l’alchimia erano saperi intrecciati che poi, separandosi, avrebbero originato le scienze moderne. L’astronomia ha preso le distanze dall’astrologia, la medicina si è svincolata dalla sua connessione con la psicologia e l’alchimia è diventata chimica. Oltre a dividersi, i saperi si sono matematizzati, cosa che ha portato a prevalere l’analisi dell’aspetto prettamente materiale della realtà, mentre un tempo essi si rivolgevano contemporaneamente alla materia e allo spirito, al corpo e alla psiche, all’uomo e a Dio. I moti degli astri e gli umori del corpo determinavano i temperamenti degli individui e la Grande Opera alchemica, che voleva trasmutare il piombo in oro, parlava in termini metaforici e metallurgici di un processo di perfezionamento spirituale. Le cesoie del cogito cartesiano non erano ancora intervenute e l’universo era ancora unito e conoscibile nella sua totalità, dal microcosmo al macrocosmo, per chi sapeva dischiuderne i misteri attraverso la chiave del Simbolo. 


Illustrazione xilografata con il simbolo del rebis nel trattato “Azoth” (1613). Rappresenta un androgino che regge una squadra e un compasso, su un drago e una sfera alata, attorniato da sette pianeti

Qualche detrito linguistico di quella forma mentis è giunto fino a noi e ancora oggi, nell’occidente contemporaneo, cartesiano, scisso e materialista, ci troviamo a volte ad utilizzare espressioni legate a quel ciarpame superstizioso che in tanti disprezzano. Andremo quindi ad analizzare l’origine di alcuni aggettivi ancora in uso per indicare il temperamento di una persona in relazione all’influsso dei pianeti, che anticamente non erano soltanto corpi celesti soggetti alla legge di gravità, ma divinità con caratteristiche peculiari e un ricco bagaglio mitico. Non solo, come accennato prima, l’astrologia antica era profondamente connessa alla teoria dei quattro umori della medicina ippocratico-galenica e all’alchimia[2] e sottolineeremo quindi le corrispondenze simboliche con queste discipline.

MERCURIALE: Temperamento che riflette le qualità del dio Mercurio, Hermes nella grecità. Messaggero degli dèi, dal piede alato e rapido, sovrintende alla comunicazione in senso lato[3]. E’ il protettore dei commercianti e allo stesso tempo dei ladri. La sua caratteristica dominante è l’astuzia, il guizzo dell’ingegno che è infatti alla base del commercio e del suo contraltare negativo, il sotterfugio, la frode. Il temperamento mercuriale sarà quindi caratterizzato da estrema agilità intellettuale, facilità e rapidità comunicativa e furbizia. Nella medicina galenica l’influsso del pianeta mercurio si riscontra nel melanconico, non tanto nella sua accezione di carattere umbratile e introverso quanto in riferimento all’acume intellettuale. Il metallo associato al pianeta e al dio è ovviamente l’omonimo mercurio, di cruciale importanza in ambito alchemico, tanto che il termine indiano per alchimia è “rasavatam” ovvero “via del mercurio”. Essendo un metallo dalla natura doppia, a un tempo solido e volatile, si considerava veicolo di collegamento tra terra e cielo[4], come Mercurio metteva in collegamento gli dèi e gli uomini, come la parola è la manifestazione materiale del pensiero nel suono. A livello astrologico si trova una corrispondenza di questa doppiezza nel segno dei Gemelli, da mercurio governato. Quest’ultimo altro non è che il Rebis, l’androgino in cui sono riassunti i principi del maschile e del femminile, simbolo della Rubedo, l’ultimo stadio della Grande Opera alchemica, dove ha origine il mercurio igneo o cinabro, unione del mercurio e dello zolfo, ovvero la pietra filosofale capace di convertire tutti i metalli in oro. Un simbolo ulteriore di questo processo si ritrova nel caduceo, lo scettro retto da Mercurio, intorno al quale sono avviluppati due serpenti, sempre a simboleggiare l’unione degli opposti[5]. In termini junghiani la Rubedo è l’ultimo approdo del processo di individuazione, dove l’Io si ricongiunge al Sé. 


Illustrazione tratta dall'”Aurora consurgens” che rappresenta l’androgino, simbolo del mercurio igneo

GIOVIALE: Temperamento che riflette le qualità del dio Giove, Zeus nella grecità. E’ il sovrano degli dèi e l’emblema del patriarcato nella sua accezione più bonaria e luminosa, in contrapposizione a Saturno, che ne mostra il volto oscuro. Altra caratteristica dominante è l’edonismo, l’eccesso nei piaceri, e ricordiamo infatti le innumerevoli avventure erotiche del dio. Infine la cordialità e l’ospitalità: il gioviale per eccellenza è proprio l’oste. Giove è anche il pianeta più grande del sistema solare, il primo ad essere gassoso, e infatti in astrologia vi si associa l’idea di espansione, di fortuna come ampliamento delle proprie risorse. Nella medicina galenica il fluido associato al pianeta Giove è il sangue, il temperamento è quello sanguigno, caratterizzato da loquacità, allegria e passionalità. Il metallo alchemico associato al pianeta è lo stagno.

SATURNINO: Temperamento che riflette le qualità del dio Saturno, Kronos nella grecità. Secondo signore del mondo dopo Urano, di cui prese il posto dopo averlo evirato, e padre di Zeus da cui venne a sua volta soppiantato, in una violenta spirale edipica. Divoratore dei propri figli, rappresenta il lato oscuro del patriarcato. Dio del tempo e dell’agricoltura nella sua ciclicità stagionale, i suoi simboli sono la clessidra e la falce. In astrologia, Saturno è il memento mori che ricorda di avere una gestione oculata del proprio tempo e delle proprie risorse in quanto limitate. E’ un pianeta severo, che invita all’introversione, alla disciplina, all’ascesi. Le figure che ben lo rappresentano sono l’eremita e il filosofo, dal pensiero critico e inflessibile. Nella medicina galenica sovrintende alla bile nera, “mélaina cholè” (µέλαινα χολή) in greco. Saturnino è infatti sinonimo di melanconico: un carattere incline all’introspezione, al pessimismo e ad uno stile di vita austero. Il metallo alchemico associato a Saturno è il piombo. E’ il metallo che simboleggia la prima e più cruciale fase della Grande Opera, la Nigredo o opera al nero[6]. E’ un metallo oscuro, tossico, pesante, è la materia putrefatta da cui deve essere liberato l’argento vivo. E’ la crocifissione, la morte dell’Io[7], la discesa negli Inferi, il confronto con l’Ombra secondo la psicanalisi junghiana.



Immagine tratta dal manoscritto “Pretiosissimum Donum” (1415) attribuito a Georges Aurach
che rappresenta le tre fasi della Grande Opera alchemica

I termini solare e lunare/lunatico, marziale e venereo/venusiano non sono direttamente associati a dei temperamenti nell’uso comune, tuttavia per avere un quadro completo dei sette pianeti della tradizione antica, ne analizzeremo il significato simbolico, tenendo conto delle divinità, dei metalli alchemici e degli umori ad essi associati. Raggrupperò Sole e Marte da un lato e Venere e Luna dall’altro, in quanto simboli tra i più celebri rispettivamente del maschile e del femminile.

SOLE E MARTE: Il dio Marte, identificato con l’Ares della grecità, era il dio della guerra, soprattutto nei suoi aspetti più ciechi e irrazionali. Nella teoria dei quattro umori il pianeta Marte è associato al temperamento collerico, sempre pronto all’ira e in cerca dello scontro, aggressivo e istintivo. L’umore dominante è la “cholè”, la bile gialla della medicina galenica, prodotta nel fegato. E’ la bile per antonomasia e infatti bilioso è chi nutre sentimenti di odio, di risentimento e rancore, chi “si mangia il fegato”. Sinonimo di odio è “fiele”, etimologicamente legato a “bile”, che per metonimia va ad indicare questi sentimenti. Il metallo legato a Marte in alchimia è il ferro, il metallo della guerra, delle armi bianche, simboli del fallo e della virilità marziale. Al temperamento collerico sovrintende anche il Sole. Nelle più svariate tradizioni monoteistiche è il simbolo di Dio. Da Amon-Ra, a Mitra, a Dio Padre, è appunto l’archetipo paterno per eccellenza. Il sole è il re, l’autorità, l’ego. E’ lo splendore, l’assoluto, l’Uno, la luce del giorno, l’estate. E’ il governatore del segno del Leone, il re degli animali. Gli elementi associati a questo pianeta in alchimia sono l’oro e lo zolfo, la pietra che brucia, il fuoco simbolo del maschile che in congiunzione al mercurio, acqueo, femminile e lunare, dà origine al mercurio igneo, conosciuto anche come pietra filosofale, capace di convertire ogni metallo in oro.


Illustrazione tratta dall'”Aurora consurgens” che rappresenta
i cavalieri del sole e della luna che combattono

LUNA E VENERE: Nelle più svariate tradizioni mitologiche la Luna è associata ad una divinità triplice. Nella grecità sono Artemide[8], Selene ed Ecate a simboleggiare le tre frasi lunari. Proprio per il profondo legame tra Luna e femminile, l’archetipo della triade ricorre spessissimo, dalle Grazie, alle Parche, alle Norne norrene. Il metallo che in alchimia viene associato alla Luna è l’argento, ma anche l’argento vivo, ovvero il mercurio, metallo liquido, dalle proprietà femminili e lunari. La Luna è insieme a Venere l’unico dei sette pianeti (ovviamente sette prima che venissero scoperti Urano[9], Nettuno e Plutone) a rappresentare il femminile. Venere – Afrodite nella grecità – è la divinità dell’amore, del piacere, alle arti, principio femminile contrapposto a Marte, maschile e bellicoso, come la Luna è contrapposta al Sole. Il metallo alchemico sotto l’influenza di Venere è il rame, grande conduttore elettrico e termico, come Venere è conduttrice dell’energia erotica. Inoltre il termine latino per rame, “cuprum”, deriva da Cipro, isola dove tale materiale abbonda e che diede i natali ad Afrodite.

La Luna e Venere sono associate al temperamento flemmatico, da “flemma”, l’umore che si riteneva prodotto nel cervello. E’ il temperamento più passivo dei quattro, legato all’elemento acquatico, più incline alla contemplazione che all’azione, placido, assorto e appunto “lunare”. Nella Grande Opera alchemica, i due astri sono associati alla fase dell’Albedo, od opera al bianco, in cui dopo la putrefazione della materia compiutasi nell’opera al nero, da essa, per distillazione, sorge purificato l’argento vivo. Le immagini che simboleggiano questo processo sono la nascita di una donna, il cigno, la rosa bianca. Un’interpretazione alchemica della nascita di Venere di Botticelli vi legge una rappresentazione dell’Albedo. Secondo la prospettiva junghiana l’Albedo corrisponde alla rivelazione dell’archetipo inconscio dell’anima/animus.



“Nozze alchemiche tra Sole e Luna”, illustrazione di Jaros Griemiller
contenuta in un’edizione del “Rosarium Philosophorum” del 1578

Ci si potrà chiedere, ma qual è l’utilità di tutte queste nozioni? Fare sfoggio di erudizione in un salotto di vanitosi, ansiosi di udire che il proprio destino è certificato da un disegno divino, inciso nel firmamento, e che tutti i nostri difettucci dipendono da una legge superiore contro cui poco si può fare che finalmente ci solleva dall’angoscia dell’indeterminato incasellando i nostri caratteri in uno schema rassicurante? Probabilmente solo questa.

Dal punto di vista scientifico, il pensiero analogico, i sistemi simbolici, la psicanalisi, tutti i discorsi che presuppongono l’esistenza di un ordine metafisico della realtà sono privi di senso. L’universo non ha alcun bisogno di avere senso e il genere umano può al massimo limitarsi a poggiare una fragile intelaiatura di leggi matematiche (che poi sono simboli di altro genere) sul caos del reale, conquistando così una parvenza di controllo su di esso… poi è vero che ci sono gli artisti. Questi decoratori del non-senso universale. Forse all’artista la conoscenza del mondo del simbolo può essere utile. Cosa sono infatti la pittura, la letteratura, la fotografia, il cinema se non complesse manipolazioni di simboli? E anche per chi non si diletta d’arte, il simbolo può aiutare a scoprire svolte impreviste nel romanzo, nella pellicola della propria esistenza. Quando operiamo una scelta, dovremmo tenere presente che la ragione non è che una zattera malferma nell’oceano degli istinti, anzi è il nostro istinto dominante, e i simboli possono invece aiutarci a riconnetterci al magma dell’inconscio che tanto domina le nostre decisioni, possono aiutarci a vedere connessioni che prima non vedevamo, a guardare le cose da un’altra prospettiva, quando il percorso della ragione si ostinava a girare ottusamente in tondo. Che il faro della ragione illumini il mare del mistero, ma lasciamo che siano a volte gli astri del simbolo a guidarci.

Riccardo Morandini

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[1]  Isaac Newton era versatissimo nell’arte alchemica

[2] La credenza medievale nella corrispondenza tra virtù degli astri e dei metalli/pietre è ben esemplificata nella lirica “Al cor gentil rempaira sempre amore” di Guido Guinizzelli: “Foco d’amore in gentil cor s’aprende / come vertute in pietra preziosa / che da la stella valor no i discende”

[3] Non a caso secondo lo psicanalista junghiano James Hillman, viviamo in un’era dominata da Ermes: internet, iperconnessione, media onnipresenti…

[4] Il mercurio veniva altresì associato al concetto di AZOTH, a sua volta assimilabile all’etere, il quinto elemento o quintessenza oltre alla tetraktys pitagorica formata da terra, acqua, aria e fuoco. Per Aristotele era l’elemento costitutivo delle sfere celesti, e in Platone e Plotino dell’anima mundi.

[5] In filosofia è frequentissimo il riferimento all’unione/complementarità degli opposti, dall’enantiodromia in Eraclito, alla coincidentia oppositorum in Cusano, fino al taoismo spostandosi in Cina. Potremmo anche azzardare una lettura alchemica della dialettica in Hegel: l’alchimista dello spirito assoluto i cui alambicchi sono tragicamente esplosi nel ‘900.

[6]  Una delle etimologie di alchimia risale al termine egiziano “Kemet”, terra nera, la terra del Nilo, dove secondo la tradizione ermetica è germinata tale disciplina.

[7] Un quadro che ben rappresenta la Nigredo è il “Davide con la testa di Golia” di Caravaggio

[8] Artemide era per altro sorella di Apollo, a simboleggiare la dualità tra sole e luna anche nella genealogia divina.

[9] Non è un caso che Urano venga scoperto in concomitanza con la rivoluzione francese, l’illuminismo, la prima rivoluzione industriale, i fondamenti del materialismo occidentale. Urano è il cambiamento violento in cui viene ucciso il Re, la tradizione, e di conseguenza tutte le simmetrie del mondo del simbolo che dall’antichità erano sopravvissute fino all’epoca barocca, finiscono irrimediabilmente per scardinarsi in favore della scienza.

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